Ora in Romagna si temono le infezioni. Il fango si secca, i rifiuti si accumulano in vere e proprie cataste e in diverse zone l’acqua si ritira troppo lentamente.

A dieci giorni dall’alluvione, la ripartenza si rivela più complicata del previsto. Conselice (Ravenna), il paese inondato da tre fiumi, resta l’epicentro del disastro. E l’invito a lasciare le abitazioni per il rischio igienico e sanitaria e l’acqua stagnante uniti al caldo di questi giorni non è più solo un invito, ma un’ordine.

Lo si legge nell’ordinanza della sindaca Paola Pula, condivisa anche dai medici di base del paese: «Il nostro unico obiettivo è quello di salvaguardare la salute e la sicurezza delle persone. Siamo in una situazione difficile ma, insieme, ne usciremo e voglio ringraziare tutti coloro che stanno lavorando incessantemente per questo. Al momento non ci sono emergenze sanitarie ma il ristagno dell'acqua, il mancato funzionamento delle fognature, le possibili interruzioni nell'erogazione dell'acqua potabile, la presenza di rifiuti non smaltiti, rendono rischioso permanere nell'abitato ancora allagato», spiega.

Anche per questo è stata organizzata in tempi rapidi una campagna vaccinale. Ieri sono proseguite le somministrazioni contro il tetano e le altre malattie infettive nella Casa della comunità dell'unione dei comuni della bassa Romagna. E se a Conselice il problema è, ancora, l'acqua, a Faenza - dove è uscito dagli argini il Lamone - la questione più urgente è quella dei rifiuti, tanto che due grandi aree sono state dedicate allo stoccaggio dei materiali. «Sono almeno 30mila le tonnellate di ricordi che i mezzi stanno rimuovendo dalle strade colpite dall'alluvione. Avvicinandosi all'immensa montagna si vedono pezzi di edifici, di case, di vite», dice il sindaco Massimo Isola.

(Unioneonline/L)

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