Omicidio Verzeni, il gip: «Ecco le palesi falsità di Sangare prima di confessare»
Le parole del trentunenne non hanno convinto gli inquirenti che, immagini delle telecamere alla mano, hanno smascherato i suoi passi falsiLe immagini delle telecamere di videosorveglianza parlano chiaro: la sera dell’omicidio, poco prima di morire, Sharon era sola. Eppure il suo assassino aveva detto di averla vista in compagnia di un’altra persona, di cui non era stato in grado di fornire una descrizione precisa, che sarebbe stata l’autrice dell’omicidio. Una serie di «circostanze palesemente false (...) messe a confronto con il tenore, davvero inequivocabile» delle immagini delle telecamere e alcuni particolari emersi dalle conversazioni intercettate tra Moussa Sangare, in carcere per l'omicidio di Sharon Verzeni, e i due testimoni che lo hanno riconosciuto, mentre il 29 agosto tutti e tre si trovavano nella sala di aspetto del Comando Provinciale dei Carabinieri di Bergamo.
Questi sono alcuni degli elementi che hanno portato il pm Emanuele Marchisio con gli investigatori a non avere più dubbi sul trentunenne che, dopo aver provato a fornire una sua versione dei fatti, è crollato e ha confessato. Inizialmente ha negato di «essersi recato, negli ultimi mesi, a Terno d'lsola», si legge nell'ordinanza con cui il gip Raffaella Mascarino ha convalidato il fermo e disposto il carcere. Ma il racconto è cambiato quando gi hanno mostrato il video che lo immortala in sella alla sua bicicletta nei pressi dell’omicidio. Da lì un primo passo con l’ammissione di «essere stato presente sul luogo del fatto», indicando, tuttavia come autore, dell’omicidio, un altro fantomatico soggetto, di cui ha fornito una descrizione sommaria.
«Riferiva, in particolare» che Sharon «sarebbe stata in compagnia di "un amico”, con cui avrebbe discusso e che quindi l'avrebbe accoltellata, minacciando poi anche lui che aveva assistito al fatto». Una versione che poco combacia con quanto mostrato nei filmati, nei quali si vede la giovane barista «passeggiare in assoluta solitudine per tutto il tragitto antecedente al suo omicidio». Un'altra “falsità” detta da Sangare, da poco trasferito dal carcere di Bergamo a quello di San Vittore a Milano, per motivi di incolumità (altri detenuti gli hanno pure lanciato bottiglie incendiarie), è stata «l'affermazione secondo cui si sarebbe tagliato capelli “due o tre mesi” prima dell'audizione». Parole che non hanno convinto gli inquirenti, visto che il taglio era evidentemente “fresco”, e quindi avvenuto in epoca molto più recente».
(Unioneonline)