«Mia figlia uccisa, il marito libero dopo 16 anni e ci chiedono le tasse sul risarcimento mai avuto»
Parla la madre di Giulia Galiotto, uccisa a sassate nel 2009. L’Agenzia delle Entrate ha chiesto 6mila euro di tasse per il risarcimento da 1,2 milioni stabilito in sede penale ma mai corrisposto perché lui è nullatenentePer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
L’assassino libero a 16 anni dal femminicidio. Un risarcimento da 1,2 milioni di euro mai arrivato, perché lui è nullatenente, e l’Agenzia delle Entrate che chiede 6mila euro di tasse su quel risarcimento mai ottenuto.
È l’assurda storia dei familiari di Giulia Galiotto. Aveva 30 anni quando nel febbraio 2009 fu uccisa a colpi di pietra dal marito Marco Manzini a San Michele dei Mucchietti, Sassuolo (Modena).
Ne parla Giovanna Ferrari, madre della donna che si è opposta alla richiesta dell’Agenzia delle Entrate: «Questa è violenza economica delle istituzioni. I sodli, per fortuna, non sono il nostro problema. Ma molte donne svantaggiate dal punto di vista economico non affrontano percorsi giudiziari come il nostro e rinunciano al risarcimento, proprio per il rischio di trovarsi in questa situazione».
Il risarcimento da un milione e 200mila euro era stato stabilito in via definitiva assieme alla condanna a 19 anni di carcere per il marito. Una somma mai versata perché Manzini è nullatenente. L’ultimo contatto quando lui, attraverso il proprio legale, ha scritto ai parenti della vittima proponendo come mediazione una somma di 50 euro al mese. Troppo poco, poi quando l’uomo è stato soggetto alla messa alla prova ai servizi sociali in regime di semilibertà e gli era stato dato un lavoro a tempo pieno i familiari della donna hanno ottenuto il pignoramento di un quinto dello stipendio. Solo che dallo scorso luglio, quando è diventato un uomo libero, Manzini si è licenziato. «E ad oggi non sappiamo se e dove lavori», afferma Giovanna Ferrari.
Il delitto
Manzini aveva convinto Giulia Galiotto a raggiungerlo a casa dei propri genitori a San Michele dei Mucchietti, in garage, e nel corso di una successiva lite aveva impugnato un sasso colpendo ripetutamente la donna alla testa, fino a provocarne il decesso. Successivamente si era liberato del corpo facendolo finire nel non lontano fiume Secchia nel tentativo mal riuscito di inscenare il suicidio della moglie. Condannato a 19 anni di carcere a seguito di una sentenza che non ha riconosciuto la premeditazione, Manzini ha ottenuto la semilibertà nel 2022, tornando a piede libero lo scorso anno. L’
L’Agenzia delle Entrate
L’Agenzia delle Entrate, pur manifestando «vicinanza e comprensione alla famiglia Galiotto», conferma «la correttezza del proprio operato». «Nel rispetto della normativa vigente in materia di imposta di registro», si legge nel comunicato, «l'Agenzia si è immediatamente attivata per promuovere un confronto istituzionale con il ministero della Giustizia al fine di verificare l'applicabilità, al caso concreto, dell'istituto della registrazione a debito, in base al quale la parte danneggiata viene esonerata dal pagamento».
«Questo istituto, in base al dettato normativo - prosegue l'Agenzia - si applica infatti alla sentenza di condanna nell'ambito del processo penale ma non anche, come nel caso in questione, alla successiva pronuncia esecutiva nell'ambito del processo civile. L'Agenzia resta a disposizione della famiglia per fornire tutti gli eventuali chiarimenti che si dovessero rendere utili».
(Unioneonline)