«Non ha mai chiesto scusa, nemmeno nelle lettere che ha inviato a me e a mia madre, e non le risponderò mai fino a che non chiederà almeno scusa, io sono contro mia sorella ed è la parte giusta, perché quella che è morta è mia nipote».

Così Viviana Pifferi, sorella di Alessia, la 37enne in carcere da fine luglio del 2022 per aver lasciato morire di stenti la figlia Diana, abbandonandola in casa per 6 giorni.

La zia della piccola, assieme alla nonna, ossia la madre della 37enne, sono parti civili nel processo contro l'imputata.

Viviana Pifferi anche stamani in aula indossava una maglia con la foto della bimba.

Alessia Pifferi per la seconda udienza era presente in aula, accanto al legale e accompagnata dagli agenti di polizia penitenziaria. «È stato giusto non concedere la perizia», ha detto Viviana in relazione alla decisione dei giudici di non concederla in merito alla capacità di stare nel giudizio. «Per una settimana l'ha abbandonata, non può essere un raptus di dieci minuti», ha aggiunto la sorella. «Io non la so più definire mia sorella, se quella è ancora mia sorella», ha detto ancora Viviana Pifferi. 

Nel frattempo, la difesa di Alessia Pifferi chiederà «una perizia psichiatrica» sulla capacità di intendere e di volere al momento dei fatti, ossia quando la donna lasciò per 6 giorni, tra il 14 e il 20 luglio 2022, la figlia Diana di meno di un anno e mezzo sola in casa facendola morire di stenti, disidratata.

Al momento il pm De Tommasi, con la collega Rosaria Stagnaro, ha evidenziato che in nessuna delle relazioni mediche agli atti sono contenuti elementi su problemi mentali della donna. Ha depositato ai giudici «l'audio e il video del primo interrogatorio della sera del 20 luglio in Questura, dove appare come una persona sempre lucida, orientata, capace di descrivere nel dettaglio, senza far trasparire particolari emozioni, poco dopo il ritrovamento del corpo di Diana». Depositate anche le ormai note chat dei messaggi tra la donna e una «serie di uomini», da cui «si desume che non è mai stata una persona con particolari problematiche, ma ha vissuto secondo una strategia ben precisa, chiara e lucida, fatta di scelte di vita ben precise per reperire le fonti per il proprio sostentamento».

Lasciò la piccola sola in casa per stare, disse lei stessa interrogata, col compagno (non padre della bimba).

I giudici hanno rinviato il processo al 16 maggio (udienze fino a luglio), data entro la quale pm e parti civili, sulla base "della riforma Cartabia", dovranno approfondire la "pertinenza" dei testi che hanno chiesto di sentire. Via libera subito, invece, a quelli della difesa, tra cui, sull'aspetto degli esami autoptici, il genetista Marzio Capra, che fece parte del pool difensivo nel caso Yara. 

(Unioneonline/v.l.)

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