«Volevo aiutare Giulia, farle capire cosa stava succedendo, darle qualcosa di concreto».

Lo ha detto la 23enne italo-inglese con cui Alessandro Impagnatiello aveva una relazione parallela, testimoniando protetta da un paravento nel processo all’ex barman imputato per aver ucciso con 37 coltellate la fidanzata Giulia Tramontano, incinta al settimo mese, lo scorso 27 maggio a Senago.

La ragazza, piangendo diverse volte durante la deposizione mentre l’imputato era in gabbia con la testa bassa, ha rivelato tutti gli inganni e il castello di bugie costruito da Impagnatiello con entrambe le donne.

Sul bambino che aspettava Giulia «fin dall’inizio ha detto che non era lui il padre e che aveva fatto il test del Dna. Me lo fece anche vedere su mia richiesta e gli ho creduto, ma poi ho scoperto che lo aveva falsificato. Mi prestò il suo tablet e lì ho trovato il test, ho visto la cronologia delle sue ricerche e ho trovato le immagini per creare il documento».

La ragazza decise però di non dire niente «per raccogliere altre prove e non permettergli di continuare a mentire».

Anche lei aspettava un bambino da Impagnatiello e ha deciso di abortire, quando la pm le ha chiesto della gravidanza si è commossa e ha avuto bisogno di qualche secondo per rispondere: «Ho deciso io di abortire, perché non stavo bene, e io per questo, comunque, ci soffro ancora».

La 23enne è partita da quando ha conosciuto Impagnatiello nel giugno 2022 all’Armani hotel di Milano, erano colleghi, lui barman lei cameriera. A settembre è iniziata la relazione e, passo passo, la ragazza ha ricostruito tutto fino a quella sera del 27 maggio quando Impagnatiello, che aveva già ucciso Giulia, tentò di entrare a casa sua. Lei non gli aprì e gli parlò dalla finestra.

«Avevo paura di lui ed ero preoccupata per Giulia, lo vedevo molto agitato». Secondo le indagini dei carabinieri, il 30enne avrebbe potuto uccidere anche lei quella sera, visto che la ragazza aveva raccolto «le prove dei suoi inganni».

La 23enne nei passaggi più delicati ha chiesto di poter uscire dall’aula e nella seconda parte della deposizione ha acconsentito a che venisse tolto il paravento messo a sua protezione, guardando in faccia l’ex barman che rimaneva sempre a capo chino nella gabbia.

La teste ha anche spiegato che «dalle 20.30 di quel 27 maggio», giorno dell'omicidio avvenuto verso le 18, «non era più Giulia a rispondermi in quei messaggi, erano messaggi freddissimi». Il barman avrebbe iniziato a rispondere al posto di Giulia col telefono della fidanzata.

Quella sera, poi, lui «mi ha risposto alla terza chiamata e mi ha raccontato che Giulia non era in casa ma da un'amica». L'ennesima bugia.

Ancora: «Di Giulia mi diceva che era bipolare, che non stava bene, che voleva farsi del male, mi ha detto che lei era incinta e lui non era il padre, che aveva un test del Dna, che lei voleva uccidersi e che aveva saputo anche dalla sorella di Giulia che lei voleva uccidersi. Tutte bugie, io lo sapevo ma volevo capire fino a che punto voleva arrivare».

La 23enne ha contattato Giulia e le due si sono incontrate il 27 maggio, giorno dell’omicidio. «Quando l’ho chiamata lei mi ringraziò, le spiegai chi ero e che ero nella sua stessa situazione. Lei mi ringraziò e disse che ci dovevamo vedere. Quando lui ha scoperto che avevo parlato con lei si arrabbiò».

Ma ormai la ragazza aveva deciso: «Dovevo dire a Giulia tutto, ne avevo abbastanza delle sue bugie e lei doveva sapere».

Prima del 27 maggio «l’ho affrontato, gli ho detto che sapevo tutto e volevo finire la relazione, forse era il 24 o 25 maggio. Lui mi disse che voleva parlarmi della sua situazione e continuava a negare, a dire che non era il padre del bimbo, anche se avevo scoperto che il test del Dna era falso. Diceva che non stava più con Giulia».

L’incontro con Giulia il 27 maggio: «Gli avevamo proposto anche di partecipare, non venne. Giulia dopo quell’incontro mi disse che gli avrebbe parlato, mentre parlavamo io e lei mi ricordo che lei mi raccontava di Impagnatiello, di come era a casa e che lui voleva avere il potere in casa, che quello che diceva lui si doveva fare, lei non era felice, aveva passato mesi da infelice».

Intanto fuori dall’aula uno dei legali dell’imputato, l’avvocata Samanta Barbaglia, ha ribadito che la difesa sta valutando di chiedere alla Corte «una perizia psichiatrica» e che Impagnatiello è «molto provato» e ha delle restrizioni in carcere non adatte al suo stato psicologico.

Impagnatiello ha alzato la testa solo quando è stato proiettato in aula un breve filmato del baby shower dedicato al piccolo Thiago e registrato lo scorso 17 marzo. Ha tenuto gli occhi fissi sul video e ha iniziato a singhiozzare. Nel filmato si vedevano i familiari di Impagnatiello che festeggiano tutti insieme la futura nascita del bambino nella loro abitazione a Senago, nel Milanese. Poco più di due mesi dopo, Giulia è stata uccisa con 37 coltellate.

(Unioneonline/L)

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