"Marco Pantani è stato ucciso".

Lo ha detto senza mezzi termini, e non è la prima volta, Fabio Miradossa, il pusher che riforniva di cocaina il ciclista morto il 14 febbraio 2004.

Ma questa volta le parole di Miradossa - che ha patteggiato una condanna per spaccio nella vicenda legata a Pantani - risuonano in Parlamento. Per la precisione in Commissione parlamentare antimafia, dove l'uomo ha risposto a una domanda del senatore Giovanni Endrizzi.

"Marco l'ho conosciuto poco prima che morisse, di certo non mi è sembrato una persona che si voleva uccidere. Marco è stato ucciso. Lui era perennemente alla ricerca della verità sui fatti di Madonna di Campiglio, ha sempre detto che non si era dopato. E qualcosa stava facendo per arrivare alla verità, questa però è solo una mia convinzione", ha detto.

"Io sono stato costretto al patteggiamento dalla Procura", ha aggiunto. "La verità non la volevano, hanno beccato me ma io già 16 anni fa dicevo che Marco non è morto per droga, è stato ucciso. Lui ne usava quantità esagerate e quella volta ha avuto una quantità minima di cocaina rispetto a quello a cui era abituato, e l'ha avuta cinque giorni prima della morte. Qualsiasi drogato la droga la usa subito".

"Quando ho visto che il pm non mi credeva - ha ricordato - ho chiesto all'avvocato di patteggiare".

Infine, i 20mila euro prelevati da Pantani: "Quei soldi mancano: io non li ho avuti e Marco li aveva prelevati. Chi li ha presi?".

Miradossa ha sempre detto che qualcosa non quadrava in quella scena del crimine. Nella stanza del residence in cui è stato trovato il corpo del ciclista c'erano evidenti tracce di sniffate. Elemento che per il pusher non torna, e che fa pensare a una scena del crimine in qualche modo ricostruita e artefatta: "Marco non sniffava cocaina, era una cosa che gli faceva schifo. Lui la fumava solo, e in quella stanza c'è traccia di cocainomani che sniffavano. Chi ha creato quella situazione non era ben informato sulle abitudini di Pantani", ha dichiarato tempo fa a Le Iene.

(Unioneonline/L)
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