Il massacro del Circeo diventerà presto una fiction televisiva che andrà in onda tra la primavera e l’autunno 2020. È questa la notizia che nei giorni scorsi ha fatto tuonare il popolo del web, il mondo dei pariolini in giacca e cravatta e gli appassionati del caso.

La notizia è stata confermata dal produttore Riccardo Tozzi ed era circolata la voce secondo cui Angelo Izzo sarebbe stato chiamato come consulente per la realizzazione della serie tv. Circostanza categoricamente smentita dalla società di produzione Cattleya che in un comunicato ufficiale ha puntualizzato di non aver mai avuto contatti diretti o indiretti con Izzo, ribadendo inoltre di non aver mai minimamente pensato di coinvolgerlo alla realizzazione del progetto.

Il massacro del Circeo rappresenta ancora oggi una delle pagine più oscure e torbide della storia di questo Paese. Una vicenda talmente efferata che ha letteralmente squarciato il velo di Maya sulla Roma dei Pariolini. Donatella Colasanti era una studentessa di 17 anni, Rosaria Lopez, invece, faceva la barista e aveva 19 anni. Provenivano entrambe da famiglie modeste. Erano due ragazze di borgata, semplici, carine e con pochi grilli per la testa.

Una settimana prima del massacro, Donatella, insieme a un’amica di nome Nadia, entrambe minorenni, conosce un ragazzo che dice di chiamarsi Carlo. Quando si rivedono, non si presenta Nadia ma Rosaria Lopez. Il giovane, che non si chiama Carlo ma Giampietro, non mostra interesse nei riguardi delle giovani e prima di congedarsi presenta alle ragazze i suoi compagni di scuola: Gianni Guido e Angelo Izzo. Izzo, 20 anni, studente di medicina, figlio di imprenditori; Guido, 19 anni, anch'egli figlio di imprenditori, studente di architettura.

Si mettono a chiacchierare, il tempo scorre piacevolmente e decidono di rivedersi. Giacca sistemata e in tiro, camicia sbottonata, pantaloni a zampa d’elefante, capelli con la brillantina e sguardo deciso. Erano questi i ragazzi della Roma bene degli anni '70, figlia dell’alta borghesia che viveva nel lusso, ostentando il proprio ceto sociale, la macchina nuova fiammante appena comprata da papà e ghettizzati in un classismo sociale che non lasciava aperte maglie relazionali se non con persone appartenenti allo stesso ceto.

Rosaria e Donatella sono ragazze umili e modeste, grandi lavoratrici e studentesse ineccepibili. Non ostentano né ricchezza né macchine nuove e lussuose ma camminano ogni giorno a testa alta con il sudore del sacrificio che cola dalla fronte, ottenuto dal duro che le ripaga quotidianamente. Per loro, quindi, ricevere attenzione da quei ragazzi che vedevano solitamente così distanti, dall’altra parte di un gradino che percorrevano in parallelo, risulta strano, diverso e al contempo nuovo.

Izzo e Guido, dunque, sembrano proprio due ragazzi perbene. Pochi giorni dopo, ovvero il 29 settembre del 1975, Izzo e Guido danno appuntamento alle due davanti a un cinema all’Eur. Nessuno di loro vuole guardare un film. I due rampolli della Roma bene propongono alle nuove amiche di trascorrere la giornata fuori porta. Dicono di andare a casa di Gianpietro, a Lavinio. Gianpietro non parteciperà. La destinazione, invece, è San Felice Circeo.

La villa era di Aldo Ghira, padre di Andrea Ghira, 22 anni, pariolino anche lui e amico intimo di Izzo e Guido. Arrivati alla villa, però, non c’è nessuna festa in corso, non ci sono altri invitati, non ci sono amici con cui festeggiare. Niente. I due rivelano subito le loro intenzioni e dalle dichiarazioni della Colasanti è emerso che Gianni Guido tira fuori la pistola dicendo: "siamo della banda dei Marsigliesi, quindi vi conviene obbedire, quando arriverà Jacques Berenguer non avrete scampo, lui è un duro, è quello che ha rapito il gioielliere Bulgari". Non c’è nessun Jacques, si tratta di Andrea Ghira, il loro capo. Lui non è ancora arrivato ma preventivamente ha consegnato le chiavi al suo degno compare Angelo Izzo.

Le due ragazze vengono terrorizzate con una pistola, fatte spogliare e rinchiuse in bagno. Izzo e Guido, in preda all’anfetamina che avevano assunto, picchiano Donatella e Rosaria, le costringono a subire atti di violenza sessuale. Un vero e proprio inferno. Intanto a Roma le famiglie delle giovani non immaginano minimamente quanto sta accadendo a San Felice Circeo e le cercano in lungo e in largo. Nel pomeriggio del giorno dopo arriva Andrea Ghira, padrone di casa, pariolino della Roma bene che si dimostrerà sin da subito il più cattivo ed efferato di tutti. Ghira abusa sessualmente di Rosaria Lopez, poi le picchiano ancora, le minacciano, somministrano loro del sonnifero e tentano di annegarle. Rosaria non ce la fa e muore. Donatella, sfruttando un attimo di distrazione dei killer, riesce ad afferrare il telefono e chiamare il 113. Le uniche parole che riesce a pronunciare sono: "Mi stanno ammazzando, sono a Lavinio". Poi il buio. Le strappano il telefono.

Nessuno riesce a soccorrerla. La colpiscono in testa con una spranga e caricano i loro corpi nel baule della Fiat 127 bianca di Gianni Guido. Credono siano morte entrambi. Vogliono sotterrare i corpi e far sparire le tracce di quel crimine. Vogliono tornare i pariolini della Roma bene. Prima, però, decidono di mangiarsi una pizza. Hanno fame. Vanno a cena in un ristorante in città. Donatella Colasanti si rende conto che l’auto di Gianni Guido viene parcheggiata, in quel momento decide di battere sul baule. Di farsi sentire, urlando e battendo i pugni sul cofano di quella macchina bianca, mentre la sua amica Rosaria Lopez giace senza vita al suo fianco.

Riesce ad attirare l’attenzione di un metronotte che chiama prontamente i carabinieri. Angelo Izzo e Gianni Guido vengono arrestati immediatamente. Andrea Ghira riesce a sfuggire al processo. Diventa latitante, fa perdere le proprie tracce. Fugge all’estero e cambia identità. Nel 1976 arriva il processo per il massacro del Circeo: ergastolo per Izzo, Ghira e Guido, con pena ridotta a 30 anni nel 1980 per quest’ultimo. Ghira però è irreperibile, un fantasma. Dov’è? Se lo chiedono in tanti. Di lui si perdono completamente le tracce. Fugge nella legione spagnola, dove si arruola sotto il nome di Massimo Testa, nato a Roma nel 1955. Presta servizio nel terzo reggimento dal 1976 al 1993, anno in cui viene congedato a Melilla per problemi di droga. L’11 settembre del 1994 viene ritrovato senza vita dalla vicina di casa. Chi ha aiutato Andrea Ghira nella sua lunga latitanza?

Angelo Barraco
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