"Signor Graviano, ci vuole raccontare come ha fatto a concepire suo figlio mentre era in carcere al 41 bis?".

Si innervosisce, il boss Giuseppe Graviano, quando il pm gli ripete più volte la domanda, si imbarazza e cerca di cambiare discorso ("Ma perché mi deve leggere queste cose, che c'entrano con il processo? Non interessano a nessuno"). Ma alla fine, incalzato, deve cedere. Mettendo dei paletti.

"Dotto' - afferma collegato in videoconferenza dal carcere di Terni al processo sulla 'ndrangheta stragista in corso a Reggio Calabria - io non racconterò mai a nessuno come ho concepito mio figlio mentre ero al carcere duro, perché sono cose intime, mie".

Poi, sollecitato dal procuratore aggiunto: "Dico solo che non ho fatto niente di illecito. Ci sono riuscito, ringraziando Dio, e sono rimasto anche soddisfatto. Non ho chiesto alcuna autorizzazione a nessuno, ho approfittato della distrazione degli agenti".

A distanza di quasi 24 anni dalla nascita del figlio Michele, concepito al carcere dell'Ucciardone a Palermo mentre Graviano era al 41 bis, il boss di Brancaccio cerca di fugare i sospetti su presunte complicità.

Parlando con compagno di cella, intercettato, Graviano anni fa disse: "Io tremavo, lei era nascosta ni robi (tra la biancheria, ndr). E dormivamo nella cella assieme, cose da pazzi. Tremavo, tremavo. Vedi che fare il figlio nel carcere, questo per me è stato un miracolo".

Graviano, già condannato per le stragi del '92-'93 e per l'omicidio di don Pino Puglisi, è imputato insieme a Rocco Santo Filippone, uomo di fiducia dei Piromalli di Gioia Tauro, con l'accusa di essere stato il mandante dell'agguato in cui furono uccisi gli appuntati dei carabinieri Giuseppe Fava e Antonino Garofalo.

Il boss anche oggi è tornato ad accusare Silvio Berlusconi di "non aver rispettato i patti" con Cosa Nostra.

(Unioneonline/L)
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