Dopo ventidue mesi di indagini si chiude l’inchiesta della procura di Pescara sulla tragedia dell’Hotel Rigopiano, dove, il 18 gennaio 2017, una valanga che ha travolto la struttura ha provocato la morte di 29 persone fra ospiti e personale.

In queste ore i Carabinieri forestali stanno notificando gli avvisi, preludio della richiesta di rinvio a giudizio, a 24 indagati e una società: fra i nomi compaiono quello del presidente della provincia, Antonio di Marco, del sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta. E ancora il direttore del resort, Bruno Di Tommaso, che è anche amministratore e legale responsabile della società coinvolta, 'Gran Sasso Resort & spa'. Indagato anche l'ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo, che insieme ad altri due ex dirigenti avrebbe attivato in ritardo le procedure indispensabili per liberare in sicurezza l'albergo prima della valanga. Fra i nomi anche quelli di molti altri dirigenti regionali e provinciali.

Le accuse, a seconda delle posizioni, vanno dall'abuso d'ufficio, falso, e abusi edilizi, fino al disastro e omicidio colposi, perché – nella sostanza – non hanno fatto quanto potevano e dovevano per evitare la strage.

Il giorno prima della tragedia, infatti, decine di persone erano rimaste bloccate nel resort a causa della nevicata che aveva interrotto l'unica strada percorribile per il paese: spaventate e infreddolite avevano aspettato i soccorsi invano.

La foto da un interno dell'hotel (Ansa)
La foto da un interno dell'hotel (Ansa)
La foto da un interno dell'hotel (Ansa)

Quindi la terribile slavina, e le operazioni di ricerca e soccorso durate ininterrottamente per una settimana, con otto persone tratte in salvo.

Fra i primo dati che emergono dalle quarantacinque pagine dell’avviso di chiusura indagini è il fatto che non figurano più i nomi dei tre ex presidenti della Regione Abruzzo, e cioè Ottaviano Del Turco, Gianni Chiodi e Luciano D’Alfonso, così come quelli degli assessori regionali alla Protezione civile, presenti nel primo, e più corposo, elenco di indagati. Il procuratore capo di Pescara Massimiliano Serpi e il pm Andrea Papalia non hanno quindi ravvisato responsabilità dirette nella mancata predisposizione della Carta delle valanghe (prevista da una legge regionale abruzzese e mai realizzata completamente), che avrebbe potuto indicare la zona come soggetta ad alto rischio valanghe, imponendo la chiusura invernale dell’hotel.

(Unioneonline/v.l.)
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