"Non c’è stato un momento preciso in cui ho deciso di uccidere mio padre. Non so cosa sia successo quella sera, è stato un attimo di cui non ho ricordi. So di non aver fatto una bella cosa e sono pentito, se potessi tornare indietro preferirei morire io”.

Alex Pompa, il 20enne assolto perché “il fatto non costituisce reato” dopo aver ucciso a coltellate il padre per difendere la mamma e il fratello dalle violenze del genitore, ha parlato ieri sera a Porta a Porta.

"Non ho mai smesso di volere bene a mio padre – ha detto – ma con lui è sempre stato difficile, fin da quando ero piccolo e ho vissuto i suoi gesti violenti nei confronti miei, di mio fratello e soprattutto di mia mamma”.

Ancora: “Io e mio fratello da essere figli di mio padre a un certo punto, quando la sua ossessione verso mia mamma è peggiorata, siamo diventati suoi ostacoli perché non poteva possederla, opprimerla e sottometterla come avrebbe voluto”.

Sull’episodio del 30 aprile, che cambierà per sempre la sua vita. Parla di una “escalation di minacce e insulti” e afferma di non avere ricordi. “Ero completamente sotto choc”.

Una perizia psichiatrica aveva stabilito che Alex fosse parzialmente incapace di intendere al momento dell’omicidio per via di un disturbo post traumatico da stress causato proprio dall’incubo familiare vissuto a casa. Lui e il fratello Loris si alternavano, almeno uno dei due doveva essere presente in casa per proteggere la madre.

Il 30 aprile Giuseppe Pompa aveva spiato la moglie al lavoro e aveva visto un collega appoggiarle una mano sulla spalla, cosa che lo aveva fatto andare su tutte le furie. L’ha chiamata 101 volte al telefono e non appena lei è rientrata a casa “lui l’ha aggredita, sembrava indemoniato e pensavamo che ci avrebbe ammazzato tutti”, hanno riferito i due fratelli.

(Unioneonline/L)

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