Dov’era la Playstation di Marco Poggi? Un dettaglio apparentemente insignificante, invece molto importante nelle nuove indagini sul delitto di Garlasco, se messo in relazione a quell’impronta numero 33 repertata vicino al corpo di Chiara Poggi ed attribuita ad Andrea Sempio, unico indagato per concorso in omicidio nella nuova inchiesta.

Il procuratore capo di Pavia Fabio Napoleone, l’aggiunto Stefano Civardi e le pm Valentina De Stefano e Giuliana Rizza hanno scandagliato le precedenti dichiarazioni dell’indagato e degli amici per capire dove si trovasse la console e quali fossero i luoghi della villetta frequentati da Sempio.

Nei giorni immediatamente successivi al delitto Marco Poggi afferma che lui e i suoi amici non scendevano nella tavernetta dove è stato trovato il corpo di Chiara, ma rimanevano al piano terra, nella «saletta della tv», o salivano al primo piano per usare il pc in camera di Chiara..

I genitori di Chiara dicevano invece che Sempio in casa non entrava mai, suonava il campanello, Marco usciva e andavano in giro assieme.

Con l’avvio delle nuove indagini, però, Gian Luigi Tizzoni, legale dei familiari di Chiara, smentisce le stesse dichiarazioni della famiglia Poggi. Ha detto a Repubblica che Sempio frequentava invece la tavernetta, dove Marco teneva la Playstation e i videogiochi. E così dunque si spiegherebbe l’impronta numero 33. Ma la Playstation e i giochi, hanno sempre sostenuto la madre e il fratello di Chiara, si trovavano nella sala tv. Dettaglio confermato anche dalle foto scattate dai carabinieri il giorno del delitto, che dimostrano come la Playstation e i giochi si trovino in salotto.

Cosa c’era nella tavernetta in cui è stato trovato il corpo di Chiara? Lo disse Marco Poggi, all’epoca: «Scaffalature di metallo con sopra delle bottiglie di vino, riso, i resti dei cesti e pacchi di natale, giochi di società e da bambini, costumi da carnevale e scatole varie, un mobiletto con sopra delle riviste, scatole di scarpe, libri e altri oggetti che non ricordo».

Poi c’è l’avvocata Angela Taccia, legale di Sempio, che oggi afferma che il suo assistito scendeva nella tavernetta per «prendere i giochi da tavola». Insomma, un’altra versione ancora.

E lo stesso Sempio, che nel 2017 diceva di frequentare solo il salotto e la camera di Chiara, due mesi fa ha corretto il tiro affermando a Sky Tg24: «Io frequentavo la casa, quindi tracce mie in giro immagino che ci siano, è molto probabile, poi la casa è diventata la scena del crimine. Molto probabilmente ci saranno mie tracce, me lo aspetterei, ero lì fino a pochi giorni prima. L'unica stanza che non ho mai frequentato era la camera da letto dei genitori».

Il dettaglio della Playstation è dunque fondamentale: se l’indagato non avesse frequentato la tavernetta in altre occasioni, l’impronta numero 33 lo collocherebbe sulla scena del crimine.

Si attendono anche le nuove analisi sull’impronta, se rileveranno la presenza di sangue saremmo di fronte a una verità che può riscrivere l’intera storia del delitto di Garlasco.

L’alibi

Da un lato le analisi scientifiche, dall’altro il tentativo di smontare un alibi, quello di Sempio, che ora vacilla.

Nel mirino l’attività telefonica tra il 12 e il 13 agosto (giorno del delitto, avvenuto) di Daniela Ferrari, madre di Sempio. La sera prima si era scambiata una serie di messaggi con Antonio B., ex vigile del fuoco di stanza a Vigevano. E la mattina seguente, il 13 agosto alle 8.47, invia altri due sms all’ex pompiere. Alle 9.09 la sua cella telefonica aggancia la cella di Gombolò («Mi ero recata a fare la spesa con l’unica macchina di famiglia», ha spiegato) e da lì parte un terzo sms verso Vigevano. Poi l’attività del suo cellulare si interrompe. E gli inquirenti ipotizzano che sia stata lei a parcheggiare in Piazza Ducale a Vigevano e che quindi sia suo lo scontrino del parcheggio con un timbro delle 10.18 usato all'epoca delle prime indagini come conferma dell'alibi del figlio. Scontrino, dirà la famiglia Sempio, trovato dal padre mentre ripuliva l’auto e conservato per oltre un anno da Daniela Ferrari, che lo ha consegnato ai carabinieri nel 2008.

Questa invece l’attività del telefono di Sempio la mattina del 13 agosto. Inizia alle 9.58: diversi contatti con gli amici Mattia Capra e Roberto Freddi fino alle 12.18. La cella agganciata è quella di Garlasco, che copre l’intero paese, sia casa sua che la villetta dei Poggi.

Sempio racconta di essere uscito e andato alla libreria Feltrinelli di piazza Ducale a Vigevano. Ma la trova chiusa: l’inizio sosta del famoso scontrino, ore 10.18, è compatibile con un viaggio iniziato alle 10. Il telefono per oltre un’ora non lascia tracce, sino alle 11.10, quando ha altri contatti telefonici, che passano tutti dalla cella di Garlasco. A quell’ora può aver tranquillamente fatto i 16 km che separano Garlasco da Vigevano, bastano una ventina di minuti.

L’utenza di Sempio, sottolineano i legali di Stasi in una relazione, «non risulta mai agganciata a Vigevano» ma è «attiva» in quella di Garlasco. L’inattività del telefono tra le 10 e le 11.10 non smentisce l’alibi di Sempio, ma neanche glielo fornisce con certezza. Fondamentale in questo senso è lo scontrino, ma il sospetto degli investigatori è che a Vigevano quel giorno ci sia andata la madre di Andrea.

E qui diventa fondamentale il ruolo di Antonio B., l’ex pompiere di Vigevano che a verbale ha affermato di non ricordare se avesse incontrato Daniela Ferrari il 13 agosto 2007: «Ma quando il giorno prima ci sentivamo, spesso il giorno dopo passavamo del tempo insieme».

La Stampa è andato a cercarlo a casa e scrive che l’uomo non vuole parlare, è chiuso dentro da giorni. Inoltre, la madre di Andrea Sempio, nell’ultimo interrogatorio, ha accusato un malore ed è stata portata in ospedale proprio quando gli investigatori le hanno fatto quel nome.

(Unioneonline/L)

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