Era andato nel carcere di Carinola, in provincia di Caserta, per celebrare la messa domenicale. Ma nella busta di sigarette e tabacco che aveva portato per i detenuti sono stati trovati anche ben nove cellulari, completi di caricabatteria e cavetti usb.

Non è chiaro a chi precisamente fossero indirizzati: il "postino", un sacerdote assistente del cappellano titolare ben noto nella struttura, ha risposto per ore alle domande del pm di turno.

La sua posizione è al vaglio della procura di S. Maria Capua Vetere, anche se in Italia l'introduzione di cellulari in carcere - a differenza di quanto avviene in altri Paesi - non è reato, questione su cui da tempo i sindacati di polizia penitenziaria chiedono interventi.

GLI ALTRI CASI - Quello di oggi è solo l'ultimo di una lunga serie di episodi che si sono moltiplicati da quando le norme anti-Covid hanno sospeso i contatti dei reclusi con i familiari. C'è stato il drone con sei telefonini atterrato nel cortile del carcere di Secondigliano, alla periferia di Napoli, o ancora il caso dell'agente della penitenziaria di Aversa finito ai domiciliari perché portava ai detenuti cellulari e droga; fino alla legale di Bologna sorpresa mentre passava al suo cliente un involucro contenente due smartphone.

Due settimane fa sono comparsi in rete video girati con smartphone nelle celle del carcere di Avellino mentre nella casa circondariale di Ariano Irpino i cellulari erano stati lanciati, ben protetti, dall'esterno e sono stati rintracciati oltre il muro di cinta.

"L'episodio di Carinola evidenzia ancora una volta la necessità di dotare la Penitenziaria di strumenti tecnologicamente avanzati, anche in grado di schermare gli istituti di pena, per contrastare questo fenomeno", dicono Giuseppe Moretti e Ciro Auricchio, presidente e segretario regionale dell'Uspp.

(Unioneonline/D)
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