Si è aperta alla Corte di assise di Roma, con un nuovo e ultimo deposito, l'udienza del processo bis sul caso di Stefano Cucchi, morto il 22 ottobre del 2009 all'ospedale Sandro Pertini di Roma, sei giorni dopo essere stato arrestato per possesso di droga.

Il procedimento vede imputati cinque carabinieri nell'ambito del nuovo filone di inchiesta sui falsi e sui depistaggi legati alle condizioni di salute del geometra 31enne. Tre militari sono accusati di omicidio preterintenzionale.

In apertura dell'udienza ha preso la parola il pm Giovanni Musarò, che ha sottolineato che esistono le prove dei "falsi e delle omissioni" dell'allora comando provinciale dei carabinieri di Roma che hanno tratto in inganno anche l'ex ministro della Giustizia Angelino Alfano.

Il pubblico ministero ha spiegato come il "depistaggio" sul caso sarebbe partito subito dopo un dispaccio d'agenzia del 26 ottobre 2009 "in cui il parlamentare Luigi Manconi denunciava che i genitori del ragazzo lo avevano visto dopo l'arresto senza segni in viso mentre il giorno dopo era tumefatto".

"Da quel momento da parte dei carabinieri partono una serie di annotazioni falsificate e Alfano riferendo in Senato, sulla base di atti falsi, dichiarò il falso in aula, lanciando accuse alla polizia penitenziaria, quando ancora in Procura non c'era nulla contro la penitenziaria. Fino a quel giorno il fascicolo era a carico di ignoti e solo dopo le parole di Alfano partirà l'indagine sui poliziotti", ha ricordato ancora Musarò.

Il pm ha fatto inoltre presente che in quel momento "il fascicolo dei pm Barba e Loy era contro ignoti ma per un gioco del destino il 3 novembre del 2009, quando Alfano ha finito di rispondere all'interrogazione, nel pomeriggio compare davanti ai magistrati il detenuto gambiano Samura Yaya che riferisce di aver sentito nelle camere di sicurezza del tribunale una caduta di Cucchi. Dichiarazione che è stata ritenuta inattendibile con sentenza definitiva".

TOMASONE TESTIMONE AL PROCESSO - Nell'ambito del processo è stato chiamato a testimoniare il generale dei carabinieri Vittorio Tomasone, all'epoca comandante provinciale della Capitale.

L'uomo convocò il 30 ottobre 2009 una riunione, otto giorni dopo la morte del 31enne, per fare il punto sulla vicenda e in quella occasionesi parlò anche del caso Marrazzo, avvenuto un mese prima, per un'estorsione di cui fu vittima l'ex governatore e per la quale lo scorso novembre sono stati condannati 4 carabinieri. (Unioneonline/F)
© Riproduzione riservata