È iniziata alle prime ore di questa mattina la maxi operazione "Anno zero" di carabinieri e polizia nel Trapanese nei confronti del sodalizio mafioso capeggiato da Matteo Messina Denaro, latitante dal 1993.

Sono 22 le persone fermate - compresi due cognati del boss - tra Castelvetrano, Campobello di Mazara e Partanna, accusate di associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento, detenzione di armi e intestazione fittizia di beni.

Il blitz si inserisce nel quadro delle indagini dirette alla cattura del latitante, ed è emerso come fosse stato proprio quest'ultimo a imporre uno dei suoi cognati a capo del mandamento, e di come suddividesse i "pizzini" per dare le proprie disposizioni.

LE ATTIVITÀ - Tra le attività illecite si contano estorsioni a danno di imprenditori economici dell'area, ampia disponibilità di armi e munizionamento, azioni violente mirate al controllo del territorio, al mantenimento delle funzioni di vertice, per la provincia di Trapani, di Messina Denaro, e al collegamento tra le diverse articolazioni territoriali di "Cosa Nostra".

E non è tutto: le intercettazioni hanno, inoltre, consentito di accertare che alcuni indagati, attraverso soggetti insospettabili, sono intervenuti in aste giudiziarie per riappropriarsi di beni sequestrati in precedenti operazioni antimafia.

Coinvolto anche un imprenditore nel settore dei giochi e scommesse on line, accusato di concorso esterno all'organizzazione mafiosa: con le scommesse aiutava a sostenere il circuito familiare del latitante.

LA VENERAZIONE DI MESSINA DENARO - Dalle intercettazioni è emersa poi l'assoluta fedeltà dei componenti dell'organizzazione a Messina Denaro, attraverso manifestazioni di vera e propria "venerazione" per la sua carismatica figura.

All'indomani della morte di Salvatore Riina, il latitante era stato indicato come "suo erede naturale". Anzi di più, in una delle frasi captate dalle microspie della Dda di Palermo si sente: "Matteo è come Padre Pio".

LA MORTE DEL PICCOLO DI MATTEO - In un'altra intercettazione choc, parla uno degli arrestati: Messina Denaro "ha fatto bene!", dice, a sciogliere il piccolo Giuseppe Di Matteo nell'acido.

"Se la stirpe è quella... suo padre perché ha cantato?", dice l'uomo al suo interlocutore parlando del pentito Santino Di Matteo, padre del ragazzino barbaramente ucciso nel 1996 dopo un sequestro durato due anni.

"Ha rovinato mezza Palermo quello, allora perfetto", dice accanendosi contro l'ex mafioso. "Il bambino è giusto che non si tocca... tu perché non ritrattavi tutte cose? Se tenevi a tuo figlio, allora sei tu che non ci tenevi".

(Unioneonline/s.s.-D)

LE INTERCETTAZIONI:

IL SERVIZIO:

© Riproduzione riservata