L’8 novembre del 1926 venne arrestato dal regime fascista Antonio Gramsci, politico, filosofo e pensatore comunista (tra i fondatori del PCI) sardo, nato ad Ales 35 anni prima.

La sera dell’8 novembre Gramsci, dopo aver partecipato a una riunione con altri deputati, venne fermato e arrestato a Roma assieme ad altri parlamentari comunisti, in violazione dell’immunità parlamentare.

Il 28 maggio 1928 iniziò il processo, in cui Gramsci era accusato di cospirazione, istigazione alla guerra civile, incitamento all’odio di classe e apologia di reato. Il pm Isgrò concluse la requisitoria con una frase diventata storia: «Per vent’anni dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare». E Gramsci fu condannato proprio a 20 anni, 4 mesi e 5 giorni di reclusione.

È stato a Regina Coeli e a Ustica, a San Vittore a Turi (Bari) e all’Isola d’Elba. I continui maltrattamenti che subiva contribuirono a deteriorare una già precaria salute.

Nel febbraio 1929 ottenne dal ministero dell’Interno il permesso di prendere appunti in carcere, iniziò allora la stesura dei suoi celebri “Quaderni dal carcere”, che lo accompagnarono per tutto il lungo periodo della detenzione.

Gramsci morirà il 27 aprile del 1937, aveva da poco appreso di essere diventato un uomo libero.

(Unioneonline/L)

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