27 giugno 1980, ore 20.59: il volo di linea Itavia, partito da Bologna e diretto a Palermo si spezza in due grossi tronconi e precipita nel Mar Tirreno. Tutti morti, 81 gli occupanti tra passeggeri ed equipaggio.

A 43 anni dalla tragedia, diversi aspetti dell’incidente non sono stati del tutto chiariti, a partire dalla stessa dinamica.

Varie le ipotesi formulate. Una delle più battute, accettata anche in sede penale e risarcitoria, vede il coinvolgimento francese, libico e statunitense: il DC-9 si sarebbe trovato sulla linea di fuoco di un combattimento aereo, venendo colpito per errore da un caccia francese o Nato che voleva invece colpire le forze aeree libiche.

Meno accreditate altre ipotesi, come quella di un cedimento strutturale del mezzo o di un attentato terroristico.

Nel 2007 Francesco Cossiga, che all’epoca dell’incidente era presidente del Consiglio, parlando dell’autorità giudiziaria, disse che l’aereo fu abbattuto involontariamente da un missile francese lanciato da un velivolo dell'Aéronavale decollato dalla portaerei Clemenceau.

Oggi, dopo ulteriori indagini, si propende invece per la portaerei Foch: il missile nelle intenzioni del lanciatore doveva colpire un veicolo libico al bordo del quale si trovava Gheddafi. 

Nel 2018 la Cassazione ha condannato i ministeri delle Infrastrutture e della Difesa a risarcire i familiari delle vittime e gli eredi del titolare della compagnia Itavia per il dissesto finanziario al quale andò incontro dopo il disastro aereo di Ustica.

(Unioneonline/L)

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