Il 13 giugno del 1981 si spengono tutte le speranze di salvare Alfredino Rampi. Il bimbo di 6 anni era precipitato in un pozzo a Vermicino.

Nonostante tutti i tentativi per recuperarlo, con persone che hanno tentato di calarsi nella cavità, e scavando un cunicolo di collegamento, ne viene dichiarata la morte. Alle 9 del mattino era stato calato nel pozzo uno stetoscopio, per captare il battito cardiaco del bambino, ma non si sente nulla. Alle 16 viene inserita nel pozzo una piccola telecamera che, a circa 55 metri di profondità, individua Alfredino. È immobile e non respira. Viene quindi eseguita la dichiarazione di morte presunta e, per assicurare la conservazione del corpo, il magistrato competente ordina di immettere nel pozzo del fluido criogenico (azoto liquido a −200 °C). Il cadavere sarà recuperato dai minatori di Gavorrano l'11 luglio.

L’incidente era avvenuto la sera del 10 giugno mentre con il padre e due amici passeggiava in campagna. Alfredino a un certo punto aveva chiesto di proseguire da solo per compiere il breve tragitto fino a casa, e il padre glielo aveva permesso.

Quando la famiglia non lo aveva visto rientrare, era cominciata la preoccupazione. E, trascorsa una mezz’ora, anche l’allarme con le prime ricerche. Il bambino era caduto in un pozzo e il proprietario, non accorgendosi di nulla, aveva poggiato una lamiera tenuta ferma da alcuni sassi all’imboccatura.

La vicenda e le varie tappe sono state seguite da tutta Italia col fiato sospeso. Grandi e piccoli sono rimasti incollati davanti alla tv nella speranza che l’apparato dei soccorsi riuscisse nell’impresa. Fino a quel 13 giugno.

(Unioneonline/s.s.)

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