Veleni shock, la Sardegna è discarica d’Italia
All’Isola anche il primato del maggior numero di discariche rispetto a tutta la Penisola con ben 41 siti di stoccaggio
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Tanto finiscono sottoterra. Lì nessuno li vede, nessuno li può controllare. La coscienza silenziata dagli occhi bendati di una società che consuma e inquina come se non ci fosse un domani. Poco importa se dentro quelle immani “buche” finiscono veleni capaci di devastare falde idriche e sottosuolo, niente di più semplice che rovesciare nel cuore della terra ogni genere di rifiuto, meglio se pericoloso. Come se l’affare riguardasse solo quei pochi signori dediti al traffico più nauseabondo, quello dello scarto più invasivo della società.
Altro che “circolare”
Eppure da anni, decenni ormai, scorrono fiumi di inchiostro sull’economia circolare, quella del riuso, di una produzione che non lascia niente di intentato per recuperare ogni residuo capace altrimenti di inquinare e devastare l’ambiente. Ne parlano tutti, c’è, persino, chi si avventura in primati da “riciclone”. La realtà, invece, è tutta un’altra, sequenziata da numeri che raccontano una storia opposta. Calcoli celati nei meandri di chi dovrebbe urlarli e perseguirli, anziché ometterli nell’oblio dell’indifferenza. Se c’è una terra da sempre impregnata dall’essenza travolgente di mirto e ginepro, di profumi unici e mediterranei per eccellenza, quella è la Sardegna.
Assalto violento
L’assalto, invece, proprio qui, è violento, sotterraneo e per molti versi assecondato. Il primato questa volta è scolpito in numeri da far rabbrividire, tutti racchiusi negli algoritmi dell’Istituto superiore per la Protezione ambientale, l’Ispra. I dati sono incolonnati a migliaia in tabelle excel dove tutto appare complicato, come fosse solo roba per addetti ai lavori. In quel vortice dell’ultimo rapporto sui rifiuti pubblicato da Ispra, però, emerge una realtà che si poteva silenziosamente percepire ma della quale non vi era un riscontro oggettivo e inoppugnabile.
Cloaca di veleni
Partiamo dalla sintesi: la Sardegna in meno di tre anni è stata trasformata in una vera e propria cloaca nazionale di rifiuti pericolosi. Proporzionalmente la numero uno in assoluto nella nefasta classifica dei rifiuti pericolosi stoccati nell’Isola. Quel che più è drammatico, però, è un dato da far rabbrividire: la terra dei Nuraghi è abbondantemente la seconda regione italiana per smaltimento assoluto di rifiuti pericolosi. Il raffronto con la prima Regione, però, non regge minimamente. La classifica dei rifiuti pericolosi gettati sottoterra vede in testa la Lombardia, la regione più popolosa e industrializzata d’Europa. La Sardegna, invece, segnata da una delle più basse densità abitative europee, certamente una delle più povere, e con il minor impatto produttivo nel Paese è, invece, al secondo posto. La Lombardia, con oltre 10 milioni di abitanti, ha registrato, nell’ultimo report dell’Ispra sui rifiuti pericolosi, uno smaltimento in discarica di 288.000 tonnellate di rifiuti speciali pericolosi.
215 mila tn di veleni
La Sardegna, con un milione e 650mila abitanti, ha spedito, invece, in discarica, nell’ultimo rilevamento del 2018, la bellezza di 215 mila tonnellate di veleni pericolosi. Il dato più allarmante, però, è nella dinamica di questi dati. La Sardegna negli ultimi tre anni ha avuto un incremento di rifiuti pericolosi interrati in discarica che non ha precedenti e paragoni in Italia. Mentre ovunque l’interramento dei veleni è stato drasticamente ridotto, nell’Isola i rifiuti pericolosi sono cresciuti del 99%. Un incremento spaventoso, non giustificato e non giustificabile, se non con un’importazione dal resto d’Italia verso la Sardegna di un quantitativo ciclopico di veleni. Nel 2016 venivano “nascoste" in discarica 108 mila tonnellate di rifiuti pericolosi, nel 2018 sono diventate 215 mila.
Il raddoppio
Un dato che raddoppia di fatto quella valanga di veleni sotterrati nelle discariche che, da nord a sud dell’Isola, hanno accolto a braccia aperte e portafogli spalancati i veleni d’oltre Tirreno. Per comprendere le dinamiche basta esaminare i dati di quattro delle principali regioni italiane. Nel 2016 in Piemonte venivano smaltite 225 mila tonnellate di “pericolosi”, nel 2018 sono diventate 134 mila. L’Emilia Romagna è passata da 106 mila a 64 mila, il Lazio era a zero ed è rimasto a zero. La Lombardia è passata da 291 mila a 288. La Toscana ha avuto, invece, la riduzione più consistente: da 130 mila tonnellate ad appena 5. In Sardegna, invece, no.
Il primato sardo
Il primato del più 99% di rifiuti pericolosi è molto di più di una sola percezione. Il travaso “illegale” di rifiuti continentali verso la Sardegna è, infatti, direttamente connesso alle consistenti riduzioni di smaltimento di veleni pericolosi delle altre regioni che, non avendo diminuito i propri asset produttivi, hanno certamente deciso di spostare altrove i propri rifiuti pericolosi.
Discariche tribali
Lo scenario è eloquente, segnato in modo indelebile dalle ciclopiche quantità di veleni che l’Ispra ha registrato in Sardegna nell’ultimo triennio. Tutti dati certificati, censiti ed elaborati secondo i parametri di analisi dell’Istituto superiore. Le discariche sono, nel quadro più avanzato dell’economia circolare, l’anello da eliminare, quello più tribale del sistema di smaltimento dei rifiuti. Il cumulo di veleni pericolosi in “buca” o in “rilevato” costituisce, infatti, la più consistente aggressione ambientale con gravissimi pericoli di contaminazione delle acque circostanti con effetti dannosi anche sulla salute umana. “Sigillare” i rifiuti, peggio quelli pericolosi, sottoterra significa innescare una bomba ad orologeria che prima o poi avrà ripercussioni nefaste sull’ambiente. E’ per questo motivo che l’altro primato registrato dall’Ispra è altrettanto inquietante: la Sardegna è la regione italiana con il maggior numero di discariche in assoluto.
Più siti nell’Isola
I dati dell’Ispra sono su carta bollata: anche in questo caso il numero delle discariche diminuisce in tutta Italia e aumenta in Sardegna. Nel 2016 nella Penisola si contavano complessivamente 350 siti per rifiuti speciali, pericolosi e non, nel 2018 sono diventati 310. In Sardegna, nonostante il gran numero di discariche, si è incrementato di una nuova “polveriera” di veleni, passando dalle 40 del 2016 alle 41 del 2018, ultimo anno di rilevamento Ispra. Per capire l’evoluzione nelle regioni più industrializzate basti pensare che in Piemonte si è passati dal 2016 al 2018 da 33 discariche a 22, in Lombardia da 29 a 24, nel Lazio da 19 a 16. Per l’Isola dei Nuraghi, dunque, doppio primato, da una parte la prima regione per numero di discariche e dall’altra l’unica a crescere in numero di siti destinati allo smaltimento di nuovi veleni. L’analisi non è complicata: nelle altre regioni le discariche le chiudono, in Sardegna si aprono. Lungo lo Stivale si riducono drasticamente i quantitativi di rifiuti pericolosi, nell’Isola, invece, vengono incrementati del doppio. Numeri che spaventano e raccontano una realtà shock con una fotografia devastante sui rischi ambientali che sta correndo la Sardegna, la più delicata e fragile sul piano naturalistico.
Insidie rifiuti speciali
A tutto questo si aggiungono altri dati rilevanti: dall’ultimo rilevamento risulta che in Sardegna sono stati smaltiti in discarica quasi un milione di tonnellate (951.000) di rifiuti speciali. Un quantitativo anche questo fuori da ogni proporzione rispetto alle altre realtà. Un settore quello dei rifiuti che più volte ha dimostrato di non essere trasparente, affermando nei fatti che il modo più efficiente di eliminare i rifiuti tossici è riclassificarli come non tossici. Dunque, in Sardegna l’allarme è ben oltre la soglia di guardia. Quello dei rifiuti pericolosi nell’Isola è, dunque, sempre di più un tema di vita o di morte, un indicatore decisivo per decifrare la società, i popoli e le attività economiche che la caratterizzano. Del resto non è un segreto che ogni civiltà ha i veleni che si merita o che subisce in silenzio, come il caso della Sardegna.
Mauro Pili