Il “Dictator Alert”, il segretissimo programma radar per monitorare la trasparenza dei voli di Stato di dittatori e non solo, non batte ciglio. Quando quel gigante dei cieli sfiora il suolo dell’aeroporto più gettonato dell’Isola, a ridosso della Costa Smeralda, il controllore di volo si limita a registrare l’atterraggio del Boeing 777-200 LR, codice P4-SKN. Impossibile, però, non rendersi conto che non si tratta di un aereo da vacanza. L’imponenza è di quelle da mandare in tilt ogni segnalatore di massima “alert”, quella riservata ai potenti del mondo, ai capi di Stato. Del resto non ci vuole un esperto per rendersi conto delle dimensioni di quell’aeromobile ricamato come un gioiello dell’aria piazzato nel bel mezzo dell’aeroporto di Olbia. Eppure quel colosso da 400 e passa milioni di dollari è “ormeggiato” come niente fosse tra decine e decine di jet imponenti che appaiono al cospetto minuscoli e da poveracci.

175 mila cavalli volanti

Non è la prima volta che quei 175.000 cavalli di potenza atterrano nel suolo sardo. Sempre toccata e fuga per quei 63 metri di lunghezza volante, capace di sfiorare una velocità da crociera di 900 chilometri all’ora, con un’autonomia di oltre 13.000 chilometri. A bordo non c’è uno sconosciuto. Le fonti sono segrete e confidenziali. È certo, però, che da quelle scalette aeree di 18 metri d’altezza è sceso uno dei personaggi più controversi di uno degli Stati africani più dissennati e spregiudicati del terzo mondo. Spaccone, esibizionista, gradasso, spavaldo come pochi, impunemente opulento al cospetto di una povertà immensa, quella del suo popolo. Lui è il rampollo del Presidente golpista della Guinea Equatoriale, una sorta di dittatura che dal 1979 è nelle mani di Teodoro Obiang, l’anziano presidente di uno Stato piccolo come un lenzuolo, ricco di petrolio, oro, uranio e diamanti, ma con oltre la metà della popolazione ridotta alla povertà estrema. A gestire quel suntuoso aereo di Stato, come se fosse un giocattolo di famiglia, è il figlio predestinato a succedere il padre alla guida del Paese. Non è un caso che cotanto genitore lo abbia prima insignito della carica di Ministro dell’Agricoltura e ora “gode” a piene mani di quella da Vice Presidente dello Stato africano. Peccato, però, che la storia di questo aereo tutto sfarzo e lusso sbarcato nella Costa più Smeralda del mondo nasconda quello che il New York Times ha recentemente definito il “saccheggio” della Guinea Equatoriale. Il 777 non aveva ancora spento i motori che un elicottero con le pale già rotanti volava verso uno yacht milionario nella baia tra Capriccioli e Liscia Ruja, per atterrare all’ora di pranzo in una tenuta tutta vigneti e graniti, nell’agro di Arzachena. Per questo signore l’arrivo in Sardegna non è il primo. Dall’inizio dell’anno questa “gita” fuori porta dovrebbe essere almeno la seconda, in base ai documenti di volo in nostro possesso. L’Italia sembra essere l’unico Paese dove questo esponente del potere africano più spregiudicato possa godersi vacanze senza limite di spesa, con tanto di aereo di Stato. Nel resto del mondo, nei paesi occidentali soprattutto, terra bruciata, nei tribunali e non solo. Negli anni scorsi, correva il 2017, un tribunale di Parigi lo ha condannato per riciclaggio di denaro e appropriazione indebita di oltre 100 milioni di dollari.

Due euro al giorno

A lui del fatto che la maggior parte della sua popolazione debba campare con due dollari al giorno poco importa. A Parigi, scrivono i report degli inquirenti, lo mostrano alla guida di auto di lusso, moto oscenamente costose con collezioni d’arte da 22 milioni di dollari nella sua villa. Non gli è andata meglio negli Stati Uniti. Il rapporto del Senato a stelle e strisce sosteneva che la Riggs Bank, banca poi chiusa, aveva aperto più conti personali per gli Obiangs, accettando milioni di dollari di depositi in contanti nei loro conti, aiutandoli a creare società di comodo offshore. Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, ne pubblichiamo il documento, ha chiuso il contenzioso con la confisca civile per un valore di 30 milioni di dollari. Il testo del documento è senza appello: «Dopo aver incassato milioni di tangenti e tangenti, Nguema Obiang ha intrapreso una follia alimentata dalla corruzione negli Stati Uniti». Obiang, secondo il dispositivo del Dipartimento di Giustizia americano, riceveva dal governo della Guinea Equatoriale “uno stipendio inferiore a 100 mila dollari”. Peccato che nel frattempo avesse «accumulato beni per un valore di oltre 300 milioni di dollari attraverso la corruzione e il riciclaggio di denaro». L’ultimo verdetto americano è del 20 settembre dello scorso anno. L’accordo sottoscritto tra i pragmatici americani e il rampollo è messo nero su bianco: «Il Dipartimento di Giustizia distribuirà 19,25 milioni di dollari alle Nazioni Unite per l'acquisto e la distribuzione di vaccini COVID-19 e 6,35 milioni di dollari a Medical Care Development International per l'acquisto e la distribuzione di medicinali e forniture in tutta la Guinea Equatoriale nell'ambito dell'attuazione di un accordo di confisca civile che risolve la cessione di alcuni beni precedentemente presumibilmente acquistati dall'attuale Primo Vice Presidente della Guinea Equatoriale con i proventi della corruzione». Idem in Inghilterra.

Nel buco nero dei diritti

Amnesty International va oltre la corruzione: «In Guinea Equatoriale centinaia di prigionieri languiscono in carcere per anni. Persone dimenticate, molte delle quali imprigionate al termine di processi infarciti di irregolarità, si trovano in alcune delle più famigerate carceri del mondo, come quelle della “Spiaggia nera” di Malabo e di Bata. Di questi prigionieri non si è più saputo nulla e i loro familiari non sanno neanche se siano ancora vivi o siano morti». Riccardo Noury, portavoce di Amnesty in Italia, dichiara all’Unione Sarda: «Dalla frequenza delle sue visite in Italia, soprattutto in Sardegna, pare che il vicepresidente della Guinea Equatoriale consideri il nostro paese una "zona di conforto". Amaro constatare quanto abbia ragione, dato che entra ed esce dall'Italia con grande tranquillità senza nessuno che gli chieda di rendere conto della gravissima situazione dei diritti umani nel suo paese. E lo fa con grande sfarzo, circostanza vergognosa se si pensa che chi non fa parte dell'ampia famiglia al potere soffre la fame». Non sempre è oro quel che luccica.

© Riproduzione riservata