Tusacciu, il gioco s'è rottoFine corsa per la Plastwood
Il giocattolo sardo si è rotto, le prove d'appello per la Plastwood sono finite. «Signori giudici - ha detto ieri mattina Edoardo Tusacciu rivolgendosi ai magistrati di Tempio - abbiamo dato l'anima per salvare l'azienda, ma ora non c'è più niente da farePer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Non ci sono soldi e l'Unione Europea ha bloccato la commercializzazione dei giochi magnetici». L'anticamera del fallimento: il concordato preventivo non ha cancellato i 60 milioni di euro di debiti. Sono trascorsi 24 mesi dal via libera del comitato dei creditori all'ultimo disperato tentativo di salvare l'azienda. Un piano approvato nel 2008 per il risanamento dei conti e il lancio di nuovi giochi. Non è servito a niente.
IL DISASTRO Due anni trascorsi senza risultati, dunque. Il dissesto finanziario è rimasto e anche la paurosa crisi di vendite. Lo aveva già scritto nella sua ultima relazione il commissario giudiziale Giancarlo Fenu. Un'altra mazzata è arrivata dal comitato dei creditori, la Plastwood non ha futuro. Tutto finito, chiude la baracca, Tusacciu a casa e 150 dipendenti dell'azienda gallurese senza lavoro e salario. Per loro è infatti prossima la scadenza della mobilità. Un disastro.
DAVANTI AI GIUDICI Ora per il fallimento manca soltanto la sentenza dei giudici Alessandro Di Giacomo, Daniela Di Carlo e Chiara Aytano. È attesa per questa mattina, al più tardi verrà depositata lunedì. «Qua dentro - dice Tusacciu in aula - c'è stata sensibilità e attenzione per la mia azienda. Ci hanno dato la possibilità di tentare il salvataggio. Non è stato così fuori dal Palazzo di Giustizia. Sono mancate le azioni forti per salvare una azienda sarda, nata e cresciuta qui. La politica pensa ad altro. Eppure nel 2004 ho rifiutato l'offerta di chi mi chiedeva la Plastwood per portare marchi e brevetti in Cina. Mi ricordo molto bene la trattativa nella nostra sede di New York. Ho pensato alla Sardegna e alla Gallura, alla speranza e alla forza nate da qualcosa di nostro. Adesso so di avere sbagliato perché ho combattuto in perfetta solitudine».
LE IPOTECHE «Ho perso tutto, tutto. L'azienda, il patrimonio personale, la mia casa. Mi rimane però la cosa più importante. Le opportunità che ho dato ai miei figli, tutte sfruttate con successo. Parlano il cinese, sono di casa in molte città del mondo, hanno capito che la conoscenza e le idee sono la nostra unica vera ricchezza. Il grande orgoglio della Plastwood»: quasi si commuove Tusacciu mentre parla della sua nave colpita e affondata. È amareggiato e turbato. Il commissario giudiziale (il commercialista Giancarlo Fenu, incaricato di seguire il concordato preventivo per conto del Tribunale di Tempio) un anno fa ha incontrato tutti i sindaci dell'Alta Gallura. Gli avevano promesso fuoco e fiamme per salvare 150 posti di lavoro. Non è successo niente.
SOLDI BRUCIATI «Questo territorio ha perso molto - spiega Giuseppe Acciaro, anche lui commercialista, consulente di Tusacciu, studio a Milano ed esperienze dirette anche nel caso Parmalat - immaginate un flusso di ricchezza che arriva da tutti i paesi del mondo e produce effetti benefici in Sardegna». Il flusso si è interrotto quando le barrette magnetiche e le sfere d'acciaio sono diventate un gioco vecchio, pericoloso e lontano dai desideri dei bambini. «Abbiamo fatto degli errori - aggiunge Tusacciu - anche questo è vero. Soprattutto non ho capito che dopo l'avvio folgorante della Plastwood c'era bisogno di una strategia per restare dentro il mercato del giocattolo».
I CREDITORI Battono cassa tre banche, la Rai (tre milioni di euro) la Ferrari, fornitori, società di leasing e studi professionali. Edoardo Tusacciu il 22 settembre del 2002, giorno dell'inaugurazione del suo stabilimento, scese da un elicottero con una pecora. «Anche i sardi - disse provocatoriamente - possono fare impresa e vincere». È stato sconfitto.