Riflettori internazionali puntati sul referendum per l'indipendenza della Catalogna, una delle sedici comunità autonome del regno di Spagna.

Si tratta di una consultazione, stabilita da una legge approvata dal Parlamento regionale catalano su proposta delle forze di maggioranza indipendentiste, elette nel 2015 con il 48% dei consensi.

È fortemente osteggiata quindi sia dagli unionisti catalani (che voglio sì autonomia, ma senza secessione) che da Madrid, soprattutto dopo che il Tribunal Supremo ne ha stabilito l'incostituzionalità.

Una sentenza che ha acceso fortemente la lotta politica tra le due parti: la Generalitat ha definito i giudizi "faziosi" ed è andata avanti con l'organizzazione del voto. "Disobbedienza" imperdonabile per il governo spagnolo che ha avviato una serie di ritorsioni, tra arresti, diffide e sequestri di schede e urne elettorali.

Se vincerà il sì entra in vigore la "ley de disconexion": entro 48 ore, allora, potrebbe esserci una dichiarazione unilaterale di indipendenza: il governo locale potrà richiedere nuovi margini di potere a Madrid fino all'autonomia.

LA STORIA - La questione catalana ha una lunga storia il cui inizio si può datare a partire dal 1714, anno in cui - secondo gli indipendentisti - i Borboni occuparono e conquistarono Barcellona, mettendo la parola fine all'autonomia di cui la Catalogna aveva sempre goduto durante il Medio Evo. La stessa guerra viene invece interpretata diversamente dagli unionisti, che la considerano una lotta di potere tra due case regnanti, i Borboni di Francia e gli Asburgo d'Austria. Un guerra di successione, insomma, e non di secessione.

Dopo una forte rinascita del nazionalismo catalano nell'Ottocento, con l'instaurazione della Repubblica nel 1931, viene proclamata l'autonomia della Generalitat de Catalunya, che però subisce forti limitazioni durante la dittatura franchista (1939-1975).

La Costituzione del 1978 e lo Statuto di Autonomia del 1979, consegnano alla Catalogna un alto livello di autonomia: viene istituita una propria polizia - i Mossos d'Esquadra -, il catalano diventa lingua ufficiale e in generale si redistribuiscono le competenze con lo Stato centrale.

"NON BASTA" - È da qui che si parte per arrivare a oggi. Il grado di indipendenza raggiunto in questi quarant'anni soddisfa i catalani che vogliono autogoverno ma non staccarsi dalla Spagna, ed è invece insufficiente per gli indipendentisti. Anzi, "un fallimento".

Troppi gli ambiti che sono rimasti di competenza esclusiva del governo centrale, troppo aspra la decisione del Tribunale Costituzionale, che ha annullato alcuni punti del nuovo Statuto di Autonomia e ulteriormente inasprito gli animi.

Forti anche le ragioni economiche: gli indipendentisti sostengono che senza il governo centrale sarebbero più ricchi.

IL DIRITTO - In linea generale il diritto internazionale riconosce il diritto all'autodeterminazione dei popoli, inteso come diritto di ogni cittadino a realizzarsi politicamente e a partecipare alla democrazia.

In base a tali principi, la richiesta di secessione è legittima se sussistono alcune condizioni: dominio coloniale, l'occupazione militare di una forza straniera e l'apartheid, ovvero la segregazione sociale o la sistematica violazione dei diritti umani. Per i catalani tale è lo status quo, mentre Madrid la pensa in maniera diametralmente opposta.

LEGAMI CON LA SARDEGNA - I legami tra sardi e catalani sono da sempre storicamente molto stretti. Per secoli Alghero fu sottoposta alla dominazione spagnola, creando somiglianze linguistiche (sono circa 20mila le persone che oggi parlano il catalano di Alghero) ma anche politiche: soprattutto a partire dal 1978, quando il futuro sindaco della "Barcelonet" sarda Carlo Sechi fonda il movimento indipentista "Sardenya i Llibertat".

La comunità algherese ha più volte manifestato la propria vicinanza e il proprio sostegno ai catalani che vogliono l'indipendenza: lo ha fatto nel 2010 e nel 2014 in occasione di referendum "informali" negati da Madrid.

Lo fa anche oggi. "Una realtà come la nostra - ha detto Sechi - non può che sostenere la battaglia del popolo catalano".

Angelica D'Errico

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