Dopo le polemiche per il MasEdu chiuso a Sassari il chiarimento del direttore dell'Accademia "Sironi" Daniele Dore. Una spiegazione apparsa sul sito dell'istituzione a distanza di circa 20 giorni dall’episodio che ha visto in corso Pascoli  l’intervento dei carabinieri, e l’ipotesi di interruzione di pubblico servizio, dopo che docenti e studenti avevano trovato i cancelli chiusi e non avevano potuto fare lezione.

Dore ripercorre l’iter della vicenda sostenendo che, nel 2022, si erano trasferiti alcuni laboratori al MasEdu, in attesa dell’apertura dell’Ex Ma-ter, e solo come “soluzione emergenziale e provvisoria”. Dal 2024, riferisce il direttore, l’istituto ha avuto a disposizione gli spazi alternativi e a gennaio 2025 lui e il presidente firmano un provvedimento che chiude il MasEdu. Lo fanno, dice Dore, perché erano stati segnalati problemi per le basse temperature e l’approvvigionamento dell’acqua da parte di studenti e professori.

Il Consiglio Accademico stabilisce poco tempo dopo che nella struttura si può andare ma «sotto la propria responsabilità» in attesa del trasloco nei nuovi spazi. Il direttore dichiara di aver mantenuto il dialogo con tutte le componenti accademiche in questo periodo e che le decisioni prese sono state frutto di un percorso condiviso.

A ottobre nasce la Commissione “Spazi, orari e affidamenti didattici” che compila tra l’altro un report sugli spazi. Questa chiede un provvedimento di revoca della chiusura ma il direttore e il presidente confermano lo stop. Nessuna richiesta formale per avere la struttura a fine ottobre da parte dei docenti che però dichiarano che devono essere il direttore e il consiglio accademico «ad assumersi integralmente la responsabilità di un utilizzo degli spazi del MasEdu».

Poi accade l’episodio dell’11 novembre, con tanto di denuncia, e Dore ci tiene a chiarire che l’accesso alla struttura non è mai stato interdetto in modo assoluto ma che «l’unico uso sospeso è stato quello didattico ordinario e continuativo».

Chiede infine un confronto coi docenti ma che «si fondi su documenti, atti e responsabilità reali e non su narrazioni parziali o su voci di corridoio che rischiano solo di danneggiare l’istituzione e, in primo luogo, i suoi studenti».

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