La conferma arriva direttamente dal legale della famiglia di Michela Deriu: i genitori della 22enne di Porto Torres morta suicida il 4 novembre del 2017 (a La Maddalena) entrano nel processo penale che inizierà a Tempio il 27 febbraio. "Ci sarà la costituzione di parte civile - dice l'avvocato Arianna Denule - e i parenti di Michela saranno nel processo".

Il procedimento (davanti al gup del Tribunale di Tempio) è a carico di due giovani di Porto Torres (uno di 24 anni, l'altro di 29) accusati di diffamazione aggravata e della morte della ragazza, come conseguenza della diffusione di alcuni filmati nei quali la vittima compariva durante un rapporto sessuale. Solo a distanza di un anno e mezzo dai fatti, l'avvocato Denule e i difensori delle due persone denunciate dai Carabinieri (Agostinangelo Marras e Sabina Piga) hanno avuto accesso agli atti delle indagini.

I filmati nel fascicolo

Il quadro della vicenda, almeno nella ricostruzione della polizia giudiziaria appare chiaro. Il dato saliente è la conferma definitiva dell'esistenza di almeno due filmati, la cui diffusione avrebbe portato al gesto del 4 novembre 2017, quando Michela Deriu si è tolta la vita nella casa di un'amica a La Maddalena. Di fatto, la ragazza si era rifugiata nell'appartamento di una collega barista (anche lei lavorava in un pub a Porto Torres), dopo avere saputo che tante persone avevano visto le immagini della sua vita intima. I file sono stati recuperati in dispositivi elettronici (portatili e smartphone) che appartengono agli indagati. Inoltre il pm ha indicato una serie di testimoni che confermano di avere visto i filmati a Porto Torres. Sono stati acquisiti dalla Procura di Tempio anche alcuni biglietti scritti dalla ragazza poco prima di suicidarsi e numerosi messaggi inviati alle amiche. Michela manifesta il disagio e l'angoscia per il clima che si è creato intorno a lei. La sensazione, stando agli atti dell'inchiesta, è quella di una persona che cerca di attirare l'attenzione perché ha bisogno di aiuto.

I debiti e le minacce

Oltre alla diffusione dei filmati, c'è un'altra circostanza che emerge chiaramente dagli atti del fascicolo. Michela aveva dei debiti e riceveva pressanti richieste da parte di diverse persone, alcune delle quali non sono mai state identificate. Alla fine, nell'ottobre del 2017, pochi giorni prima del suicidio, usa del denaro non suo per fare fronte alle minacciose richieste dei suoi creditori e, per giustificare il venire meno di diverse centinaia di euro, simula una rapina. È evidente la situazione disperata della vittima.

Sempre stando agli atti, tra la diffusione dei video e le richieste di denaro non c'è, però, alcuna connessione. Si tratta di vicende distinte che alla fine hanno portato la barista di Porto Torres verso una situazione, purtroppo, senza vie d'uscita. I familiari di Michela Deriu ora chiedono giustizia.

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