Il terrore della guerra visto da Ploaghe: "In Ucraina c'è la mia bambina"
La 15enne ha una madre affidataria che vive in Sardegna e che ora ha una grande paura
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Bambini intrappolati nel fuoco di una guerra voluta dagli adulti. L’invasione russa in Ucraina mette in serio pericolo soprattutto i più piccoli, gli indifesi, maggiormente esposti al forte disagio psicologico e agli sfollamenti. Tra loro c’è pure Tania, una ragazza di 15 anni, vive a Dnipropetrovsk, a sud della capitale Kiev, la “bambina” di Elisabetta, 55 anni, la madre affidataria residente a Ploaghe. Si fa prendere dall’angoscia e dalla paura per Tania, ospite di una casa famiglia non troppo distante dai luoghi dei bombardamenti. È disposta a tutto pur di portarla in Italia. Si è già attivata tramite l’ambasciata per trasferirla in Sardegna e farle proseguire gli studi a Sassari.
“Ci siamo sentite al telefono – racconta Elisabetta - mi ha detto di non piangere perché sta bene e si trova al sicuro. Ma sono convinta volesse solo rassicurarmi”. La tutrice della casa famiglia ha sentito gli aerei sorvolare sopra la città. “Hanno colpito l’aeroporto - aggiunge Elisabetta – e quella è una zona a rischio”. Tania ora è diventata la sua sola speranza. La sua vita è stata un viaggio attraverso il dolore e la propria umanità. A 40 anni perde il marito in un grave incidente stradale. Uno schianto violento sulla Sassari-Olbia che provocò quattro morti. Il lutto e le difficoltà non fermano la sua voglia di riprendersi la vita. Combatte per avere giustizia, aderisce all’associazione “Famiglie vittime della strada” e ne diventa responsabile provinciale. Riesce anche ad avviare un negozio di articoli di moda e borse. “Tania bijoux”, il nome dell’attività, in omaggio alla sua “bambina”. Poi un’amica le confida l’intenzione di adottare una bimba ucraina. La convince a seguire la stessa strada. Quindi prende contatto con le associazioni che portano avanti progetti solidaristici per adottare a distanza Tania. Da otto anni si incontrano tre mesi d’estate e un mese a Natale. La pandemia per due anni le ha tenute lontane. “Ma ora grazie a Save The Children spero di poterla portare qui come me - dice Elisabetta - con l’approvazione dei genitori affidatari i quali sono dalla mia parte come lo è tutta la comunità di Ploaghe”.