Fine di un calvario: la Corte di Cassazione mette fine ad una battaglia giudiziaria durata dieci lunghi anni.

Quella tra il Comune di Porto Torres e il dirigente Marcello Garau, protagonisti di una contesa per un'assunzione a seguito di un concorso.

"Se l'insussistenza in capo a Marcello Garau di uno dei requisiti per l'ammissione al concorso era passata inosservata alla Commissione comunale esaminatrice, e cioè al soggetto istituzionalmente depositario di determinate competenze e conoscenze, era ragionevole escludere che lo stesso Garau fosse in condizioni di accorgersi di non possedere il titolo richiesto dal bando", hanno stabilito i giudici della Suprema corte.

Per gli ermellini, insomma, il dirigente comunale - che nel 2009 era stato assunto tramite concorso nell'area Ambiente del Comune di Porto Torres e poi licenziato - ha dichiarato falsi requisiti in buona fede.

Per questo i magistrati di Cassazione hanno respinto il ricorso presentato dal municipio.

"La falsa dichiarazione del requisito richiesto per l'assunzione in servizio come dirigente è da considerasi solo un errore incolpevole del dichiarante - si legge ancora nella sentenza - perchè la pregressa esperienza di Garau, come dirigente presso la Asl, poteva fargli presumere di essere in possesso di quel requisito", come evidenziato anche in altre sentenze in cui, si rileva che il Comune e la stessa Commissione esaminatrice del concorso ha valutato come positivi e quindi idonei i titoli dichiarati e la stessa documentazione presentata.

Infondati e inammissibili dunque le ragioni del Comune ricorrente, il quale aveva annullato il concorso nel 2010 e quindi la stessa nomina di Garau come dirigente Tecnico ambientale.

Annullamento dichiarato legittimo dal Tar nel marzo scorso, che implica, secondo il Comune, la mancanza di un titolo del dirigente che giustifichi il pagamento delle retribuzioni a titolo di risarcimento per licenziamento illegittimo come stabilito dalla sentenza decisa due anni fa dalla Corte di Appello.

Un botta e risposta che lascia ancora qualche strascico.

I giudici della Cassazione però hanno messo la parola fine: il risarcimento pari a 678mila euro, di cui 500mila già corrisposti, è legittimo e va corrisposto insieme a tutte le spese processuali.
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