La teoria l’ha appresa da Grazianeddu Mesina, la pratica, invece, da Marco Raduano, lo spietato capomafia liquefattosi il 24 febbraio scorso con una rocambolesca fuga con tanto di chiave e lenzuola dal carcere che fu di massima sicurezza di Badu ‘e Carros, a Nuoro. Ha usato il tempismo dell’ex primula rossa di Orgosolo, scomparso poche ore prima del verdetto della Cassazione che l’avrebbe rispedito in carcere, è scappato dall’Italia con la spregiudicatezza e l’arroganza di uno che può fare quello che vuole, anche in barba ai più segreti apparati di intelligence, a partire da quelli italiani e americani. La differenza, però, è sostanziale: Artem Uss, oligarca russo in terra sarda, per fuggire dall’Italia, poco prima dell’estradizione negli Stati Uniti, non ha agito con lenzuola e astuzia. Semplicemente lo sono venuti a prendere. Un “prelievo” manu militari, un colpo spietato di Putin che sta facendo il giro del mondo, dalle diplomazie ai servizi segreti più importanti dell’occidente, a partire dagli americani.

Roba da James Bond

La storia è una di quelle da far impallidire James Bond. Missione da 007, sofisticate come poche, molto più che una spy story. La Sardegna non poteva esimersi dall’esserne protagonista. Quando si parla di oligarchi, infatti, di uomini di Putin, di affari russi oltre la cortina di Mosca, non ci vuole molto ad arrivare nell’Isola dei Nuraghi. Sembra quasi che i discepoli dello zar, spediti in Occidente, abbiano eletto la Sardegna dimora prediletta per lusso e affari, investimenti border line, tutti milionari, tutti fronte mare, tutti legati al mercato immobiliare turistico, dalla Costa Smeralda alla Costa Dorada. Di questo apparente signor nessuno, passaporto russo con affari e alberghi nell’enclave riservato di Porto San Paolo, a sud della Costa Smeralda, ce ne siamo occupati tempo fa. Era il 17 ottobre scorso.

Fbi in campo

In un blitz all’aeroporto di Milano Malpensa veniva prima fermato e poi arrestato dai servizi segreti italiani. Il mandato di arresto era controfirmato nientemeno che dal dipartimento di giustizia americano, sotto l’egida dell’Fbi, la più imponente organizzazione di intelligence al mondo. Un’operazione militare, anche in quel caso. A teleguidarla direttamente Washington. Primo obiettivo metterlo al sicuro nelle patrie galere italiane e, poi, eventualmente, dopo l’estradizione, in quelle americane. Il personaggio è legato a filo doppio direttamente a Vladimir Putin. Le cronache raccontano del figlio di uno degli uomini più fedeli allo zar, il governatore di Krasnojarsk, in piena Siberia. Accuse pesantissime per questo ragazzotto, fattosi oligarca in nome e per conto di un padre potente, amico personale dell’eterno inquilino del Cremlino. Questa volta non è una storia di vacanze finite male, ma semmai un vero e proprio caso internazionale, con tanto di servizi segreti americani e russi che in tempo di guerra si contendono a suon di sequestri e arresti il padre padrone di uno dei più esclusivi prosceni turistici in terra di Sardegna, il Don Diego resort, lì proprio davanti all’Isola di Tavolara. Le generalità sono circoscritte: Artem Uss, classe 1982, nato a Mosca, domicilio senza numero civico in via Gabriele D’Annunzio a San Teodoro, Sardegna, l’anima a mare del nuorese.

Traffici per missili e jet

Il mandato di cattura non era per eccesso di velocità. A firmarlo era stato nientemeno che il capo della Corte di Giustizia degli Stati Uniti d’America, distretto di New York. Per lui traffico di tecnologie militari sottratte a produttori americani, come componenti per sistemi missilistici, radar e satelliti, oltre all’evasione di sanzioni e riciclaggio di denaro a livello globale. L’arresto era scontato, ma si sa, finire in galera in Italia non è automatico. Il combinato disposto era scritto: arresti domiciliari con tanto di braccialetto georeferenziato per seguirne eventuali spostamenti e, magari, impedirne qualche tentativo di fuga. Gli americani non si capacitano, ma sanno che la giurisdizione non gli consente di andare oltre le tensioni di queste ore.

Allarme americano

Il messaggio della giustizia degli States, però, era stato chiaro. Il 29 novembre scorso i vertici giudiziari di New York, con una comunicazione formale e protocollata nei palazzi che contano, lanciavano l’allarme: dovete prendere “tutte le misure possibili” per disporre una custodia cautelare “seria” nei confronti di Uss, sino alla definizione dell’intero procedimento giudiziario di estradizione. Per gli americani è altissimo il rischio di fuga del soggetto. Il 21 marzo scorso arriva la decisione. La Corte d’Appello di Milano dà il via libera all’estradizione negli Stati Uniti del rampollo russo. Una sentenza preannunciata, prevedibile in ogni suo dettaglio, dal giorno all’ora della sua emissione. Se Grazianeddu Mesina anticipò la fuga di qualche ora rispetto al nuovo mandato di arresto, Artem Uss, invece, se l’è presa comoda. Il tempo di fare la valigia, e aspettare che i suoi “angeli” custodi in tuta nera lo prelevassero dal borgo più borgo di tutti, nella periferia estrema del Parco sud di Milano, in quella residenza momentanea a Bosco Vione di Basiglio. Non una fuga dai domiciliari, ma una vera e propria operazione di “prelievo” di Putin in terra di Padania, per “estradare” a modo suo, il figlio “trafficante” di uno degli uomini più fedeli alla cerchia dello zar.

Braccialetto guasto

L’allarme del braccialetto, secondo alcune ricostruzioni, sarebbe scattato in ritardo, secondo altre non sarebbe mai scattato. Quando i carabinieri entreranno nella casa di Uss a Basiglio, sarà trascorsa quasi un’ora dall’inizio della fuga. Per entrare dentro casa devono persino attendere i vigili del fuoco per sfondare la porta blindata. Al loro ingresso troveranno solo pochi vestiti, fuori stagione per essere utilizzati in Siberia. La ricostruzione in queste ore si fa ancora più paradossale: in Italia ha agito indisturbato un vero apparato di intelligence russo, con una libertà d’azione che sta scatenando a livello internazionale una vera e propria reazione “diffidenza” nei confronti dell’Italia.

Scacco del “comando” russo

Del resto, come potrebbe essere altrimenti se un “comando” russo riesce ad insinuarsi con tanta spavalderia in un territorio teoricamente nemico, quello italiano, e prelevare uno degli uomini russi più ricercati dagli Stati Uniti? L’accusa americana per il russo è ben chiara: ha fornito supporto tecnologico alla guerra di Putin contro l’Ucraina. Il lavoro ora è tutto proteso a capire come sia stato possibile organizzare una “fuga” tanto clamorosa quanto surreale in terra di Padania. In queste ultime ore, su questa “vergogna internazionale”, emergono aspetti ancora più eclatanti: gli americani, infatti, non hanno preso benissimo l’addio senza saluti di Artem Uss. Dalla base militare aerea di Aviano, disponibilità totale americana, poche ore dopo la fuga risultano essere decollati persino due jet F16. La scusa è stata quella di un’esercitazione. In realtà, però, gli Yankee hanno cercato in tutti i modi di riprendere il fuggiasco. I tracciati radar dei due caccia sono evidenti. Un vero e proprio assedio, quasi uno sciame in volo, sul confine tra Italia e Austria, nella vana e disperata speranza di poter intercettare l’aereo che stava “beatamente” riportando in patria, quella russa, il giovane oligarca. Niente da fare. Poco prima di Pasqua, l’agenzia di Stato russa “Ria Novosti” ha dato notizia dell’operazione appena conclusa: Artem Uss, il figlio del governatore di Krasnojarsk, evaso dagli arresti domiciliari a Milano, ha fatto ritorno in Russia.

Saluti dalla Siberia

Non solo divulgano la notizia, ma anche le prime dichiarazioni dell’oligarca russo a capo della Holding Sardinia Luxory, appena ritornato nei ghiacciai della Siberia: «Sono in Russia. In questi giorni particolarmente drammatici, ho avuto persone forti e affidabili al mio fianco, li ringrazio». La motivazione “politica” della fuga è disarmante: «La Corte italiana, sulla cui imparzialità avevo inizialmente contato, ha dimostrato il suo evidente impegno politico. Sfortunatamente è pronta a piegarsi alla pressione delle autorità statunitensi. In questo momento, quando le altre nazioni giocano senza regole contro i cittadini russi, tornare a casa è una vittoria». Una fuga che avrà, però, un costo molto alto, a partire da ciò che il rampollo di casa Putin lascia in Sardegna. Secondo gli inquirenti ci sono conti correnti pieni di milioni di euro, ma soprattutto un paradisiaco tratto di costa nel Comune di Loiri Porto San Paolo. L’Europa e lo Stato italiano non sembra gli abbiano, sino a questo momento, “espropriato” niente dei suoi averi in terra sarda. Ma non tarderanno.

Terra di nessuno

Qui, nella privatissima terra di Don Diego, a ridosso di sua maestà, l’Isola di Tavolara, maestosa come non mai, i flutti sulla spiaggia rosso-deserto hanno un andamento lento, adagiato su un orizzonte esclusivo, il promontorio di Costa Dorada, enclave privè del Nord Sardegna, sud est della Costa Smeralda. Oggi più che mai terra di nessuno, il legittimo proprietario, infatti, è scappato in Siberia. In Italia, in quest’eremo per pochi, non tornerà più. Il suo resort cinque stelle, il Don Diego Hotel, è chiuso. Non più per sopraggiunti, urgenti e inderogabili impegni con la giustizia americana, ma per un ritorno in patria senza precedenti. Una fuga da film, con gli 007 russi schierati militarmente contro gli americani. La contesa è tutta per Artem Uss, cittadino di San Teodoro, oligarca russo in terra di Sardegna.

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