Referendum, c'è il quorum L'Isola dice no alle Province
E' valido il referendum anticasta promosso in Sardegna: il quorum del 33,3% è stato centrato e superato. Alle 22 ha infatti votato il 35,5% degli aventi diritto. Domani lo spoglio, a partire dalle 7, con i dati anche sulla validità dei singoli quesiti, dieci in tutto, tra cui l'abolizione delle Province. Alle 19 l'affluenza ai seggi era del 24,76%. Alle 12 aveva votato il 7,81%.Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Fiato sospeso in Sardegna per i promotori dei dieci referendum che puntano a indebolire la casta spazzando via sprechi e privilegi. Il quorum del 33% fissato dalla legge regionale per la validità della consultazione, è lontano 9 punti percentuali. Alle 19, infatti, ha votato il 24,7% degli aventi diritto, cioè 366.630 sardi. Entro le 22, quando chiuderanno i seggi, dovranno essere oltre 490.000 per rendere valido il voto. L'affluenza ha subito un decisivo balzo in avanti rispetto alla rilevazione delle 12, con il dato che si era fermato al 7,8%. Tra circa un'ora si saprà se la sfida degli anticasta - un movimento trasversale guidato dai Riformatori e appoggiato da 120 sindaci dell'Isola - ha avuto successo.
Per questi referendum si vota solo la domenica: domani mattina, a partire dalle 7, comincerà lo spoglio, a prescindere dal raggiungimento o meno del quorum. L'affluenza è decisiva non solo per la validità del voto, ma anche come segnale per capire da subito l'orientamento degli elettori: la campagna referendaria, infatti, si è giocata tutta a favore del sì, chi ha deciso di recarsi ai seggi difficilmente lo avrà fatto per esprimere contrarietà ai quesiti. Se i promotori vinceranno sull'astensionismo, domani, a spoglio concluso, potranno quasi certamente brindare anche per la schiacciante affermazione dei sì. Dieci i quesiti proposti, i più attesi quelli per l'abrogazione delle quattro Province di recente istituzione (2001), Carbonia Iglesias, Medio Campidano, Olbia Tempio e Ogliastra, e per tagliare le indennità dei consiglieri regionali. Gli altri cinque sono invece consultivi: si sondano gli elettori per abolire le altre quattro Province storiche (Cagliari, Sassari, Nuoro e Oristano), portare da 80 a 50 il numero dei componenti del Parlamento sardo, cancellare i consigli di amministrazione degli enti regionali, istituire un'Assemblea costituente per la riscrittura dello Statuto autonomistico, eleggere direttamente il presidente della Regione attraverso le primarie. Nello slogan dei promotori, la chiave di una svolta auspicata: "Dieci referendum per cambiare la Sardegna". Eppure ci sono volute tre pronunce di Tribunali (dal Tar alla magistratura civile) per vanificare lo sbarramento di fuoco scatenato dall'Unione delle Province sarde (Ups), che di cambiamento non ne vuole proprio sentir parlare. O meglio, di un cambiamento fatto con l'accetta attraverso un voto popolare. "Le riforme non si fanno con l'abrogazione delle leggi", aveva chiarito il presidente dell'Ups Roberto Deriu. Chi invece ha cavalcato con convinzione i referendum è stato il governatore Ugo Cappellacci: appelli, spot in tv, comunicati giornalieri per dire ai sardi di andare a votare, avendo già espresso in precedenza che per lui le quattro nuove Province dovrebbero andare in soffitta senza alcun rimpianto. Una vittoria o una sconfitta degli anticasta rischia così di avere un peso anche sul futuro del presidente della Regione.