Nessuna prova che l’adescamento in chat della bambina di sette anni sia stato portato a termine. Per i giudici della Corte d’appello, che hanno accolto la richiesta della difesa, al massimo quello dell’operaio 58enne di Sestu sarebbe stato un tentativo di adescamento: per questa ragione il reato deve essere considerato prescritto, cancellando così la condanna di primo grado a 6 anni.

Attualmente detenuto perché condannato a 4 anni di reclusione per possesso e divulgazione di materiale pedopornografico, l'operaio sestese – difeso dall’avvocato Federico Delitala – si è visto cancellare in secondo grado la condanna per violenza sessuale su una minore adescata su internet.

Utilizzando l’account social della figlia – stando all'accusa – l’imputato avrebbe convinto una bambina a spogliarsi e toccarsi davanti alla webcam. La sentenza di primo grado era stata pronunciata a novembre 2001 dal collegio presieduto dal giudice Simone Nespoli. Terminata l’indagine, il pubblico ministero Gilberto Ganassi aveva chiesto l’incriminazione del 58enne, contestandogli la violenza sessuale a distanza. La piccola, sempre secondo il pm, sarebbe stata convinta che dall’altro capo del computer ci fosse una sua coetanea, invece le indagini hanno poi accertato che ci fosse il padre.

Nel pc, però, non c’era traccia di foto della vittima né i tecnici sono riusciti a chiarire se effettivamente l’imputato avesse guidato via webcam le azioni della piccola. Questa incertezza – sottolineato dalla difesa – ha convinto la Corte d’appello a ritenere l’adescamento e la violenza sessuale non reati consumati, bensì solo tentati. Da qui la derubricazione che ha fatto scattare l’estinzione per avvenuta prescrizione, cancellando la condanna a 6 anni.

Francesco Pinna

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