76 anni di cui 40 trascorsi a convivere con la sclerosi multipla e altre patologie invalidanti. Una battaglia quotidiana, mai facile, giunta oggi a un punto delicato, in cui a preoccupare non è solo la malattia, ma anche la difficoltà crescente di ricevere cure adeguate e continuative.

La voce è quella di Stefania e Federica Corda, figlie di E.F., residente in un comune del Sarcidano, che insieme al resto della famiglia vivono con angoscia il peggioramento della madre, in un contesto fatto di visite rimandate, terapie non garantite e una sedia a rotelle che, ormai, è diventata parte della quotidianità. «Pensiamo spesso non solo a nostra madre, ma a tutte quelle persone che devono affrontare situazioni simili o più gravi e che non hanno nessuno accanto», spiegano le sorelle, chiarendo subito che la loro non vuole essere soltanto una testimonianza personale, ma un appello collettivo. «Non servono cure straordinarie o tecnologie avanzate: nel suo caso basterebbe una fisioterapia costante, che però è sempre più difficile ottenere.»

Un anno fa, la signora era entrata all’ospedale di Isili camminando con il deambulatore. Dopo quaranta giorni di ricovero, è uscita in sedia a rotelle, senza più alcuna autonomia. «In quei quaranta giorni – raccontano – è rimasta allettata, senza ricevere interventi riabilitativi, a causa della mancanza di fisiatri e fisioterapisti disponibili nel reparto.»

Una volta tornata a casa, con l’aiuto della famiglia e grazie a un iniziale supporto domiciliare, aveva iniziato lentamente a migliorare. Ma anche quel percorso si è interrotto. «Quello che aveva recuperato con fatica lo sta nuovamente perdendo. E nonostante le nostre richieste e segnalazioni, la fisioterapia non viene più garantita.»

Da ottobre si attende un accertamento sanitario che, purtroppo, non è ancora stato completato. Nel frattempo, le condizioni fisiche e psicologiche della paziente si deteriorano. «La fisiatra – che da sola segue un numero elevato di pazienti – ci ha spiegato che non è possibile gestire tutto in tempi brevi. Anche gli specialisti che la seguono per le altre patologie sono difficilmente reperibili, e le visite diventano complesse da ottenere.»

Oltre alle carenze di organico, si sommano le difficoltà burocratiche. «A gennaio, ad esempio, sono cambiati i codici per prenotare le visite e questo ha ulteriormente rallentato tutto», racconta Federica. La domanda che le figlie si pongono – legittima, accorata – è semplice e profonda: la dignità dei malati ha un limite d’età? I diritti si riducono in base al numero di patologie? «Per noi questa situazione è diventata insostenibile», conclude la famiglia. Con la speranza che questo racconto, condiviso con rispetto e preoccupazione, possa accendere una riflessione più ampia sul bisogno di cure continue per i pazienti fragili, e sul diritto alla salute che deve rimanere tale per tutti, indipendentemente dall’età o dalla condizione.

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