Sarà una clinica mobile in appoggio al Centro della maternità “Mama Mzazi”, nella lontanissima e povera Tanzania dove don Carlo Rotondo, di Sinnai,  svolge la sua missione. Da agosto il sacerdote-missionario, inviato in terra lontana dalla diocesi di Cagliari, è in Sardegna per parlare parlare della sua nuova straordinaria esperienza in terra d'Africa, ma anche per perorare un'altra delle sue cause: acquistare questa clinica mobile che si muoverà fra i villaggi più sperduti in aiuto alle mamme che devono partorire.

«Non tutti», dice don Carlo, «hanno la possibilità di raggiungere il Centro della maternità “Mama Mzazi”: sarà così una clinica mobile a garantire la necessaria assistenza al momento del parto».

Settimo San Pietro, che non si è mai tirato indietro quando si parla di solidarietà, ieri ha incontrato don Carlo a Casa Dessì: il missionario ha celebrato la messa, ha raccontato della sua nuova esperienza e poi tutti a cena in un grande tavolata allestita nella centralissima via Gramsci. 

 Il ricavato sarà devoluto a sostegno dell’acquisto di una clinica mobile,  un progetto in corso che permetterà di ridurre il tasso di mortalità dei bimbi e delle loro mamme spesso costrette a partorire in condizioni difficili.

Don Carlo Rotondo in Tanzania
Don Carlo Rotondo in Tanzania
Don Carlo Rotondo in Tanzania

Ieri  grazie  al Gruppo Folk Santa Lucia e all’associazione Amico della Missione Amiss, diverse centinaia di  persone hanno partecipato all’evento, con la con la messa e con la cena sotto le stelle.

Don Carlo Rotondo è da quasi quattro anni missionario in Tanzania dove si occupa soprattutto dei bambini, della scuola, della sanità e della miseria più profonda e dove ci resterà sino al 2027. Per don Carlo,  tornare in Africa è stato quasi un “ritorno a casa” dopo essere stato missionario in Kenya, a Nanyuki, dal 1994 al 2004.

Dal 2004, ha avuto incarichi parrocchiali, all’Unitalsi alla segreteria di monsignor Arrigo Miglio e di monsignor Giuseppe Baturi. Usando una immagine calcistica, don Carlo ritiene che anche nella fede vale il detto “la miglior difesa è l’attacco”. 

«Questa mia partenza in terra di missione», aveva detto quattro anni fa, prima di ripartire in Africa, «è il mio modo di “attaccare” come cristiano e come prete. Sto facendo il tragitto inverso che fanno i migranti sui gommoni. Sono io che sono andato da loro, a vivere con loro, a fare  quel che posso per loro».  In questi quattro  anni in Tanzania, don Carlo ha fatto tanto: tantissimi i suoi compiti.  Compreso quello di seguire con una suora insegnante del posto, una classe di studio con 169 alunni. Numerosa? «Ci adattiamo»,   dice don Carlo, «i ragazzi, sono tutti tifosi del Cagliari. Lo seguiamo momento per momento. I problemi sono tantissimi, ma con l’aiuto di tutti, si possono e si stanno risolvendo. Abbiamo avuto anche la visita del presidente del Cagliari che ci ha donato tanta attrezzatura: abbiamo già realizzato anche un campo di calcio, sterrato e livellato il terreno, realizzato gli spogliatoi (tre capanne) e persino cinque fila di gradini, formando così la gradinata. Insomma ci adattiamo alla situazione cercando di far sempre di più e meglio. Sono venuti a trovarci in tanti, dal nord Italia, dalla Sardegna e da altri posti: ne ho contato 78».

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