Era già stato condannato a 4 anni di reclusione per possesso e divulgazione di materiale pedo-pornografico, ma ora di anni dovrà scontare sei perché i giudici lo hanno riconosciuto responsabile, in continuazione, anche di violenza sessuale su una minore adescata su internet. Utilizzando l’account social della figlia, un 56enne di Sestu avrebbe convinto una bambina a spogliarsi e toccarsi davanti alla webcam.

La decisione

La sentenza è arrivata nei giorni scorsi, letta in aula dal giudice Simone Nespoli, chiamato a presiedere il collegio della seconda sezione penale del Tribunale di Cagliari.

Terminata l’indagine, il pubblico ministero Gilberto Ganassi aveva chiesto l’incriminazione del 56enne, contestandogli la violenza sessuale a distanza: in altre parole avrebbe adescato una bambina che non aveva ancora compiuto i 10 anni e, utilizzando l’account della figlia, l’avrebbe convinta a spogliarsi davanti alla telecamera del pc e compiere atti sessuali, guidandola nelle azioni a distanza. La piccola era convinta che dall’altro capo del computer ci fosse una sua coetanea, invece le indagini hanno poi accertato che ci fosse il padre.

L’imputato

Difeso dall’avvocato Federico Delitala, l’operaio 56enne si è sempre difeso negando ogni addebito. Lo scorso anno, però, era già stato condannato a quattro anni in primo grado per possesso di materiale pedo-pornografico, ma assolto dall'accusa di aver divulgato foto di bambine attraverso il web. Terminato il processo, però, l’allora collegio giudicante presieduto dalla giudice Tiziana Marogna aveva sospettato che l'uomo avesse chattato con una minore, decidendo così di rinviare gli atti alla Procura per una nuova contestazione. Il pubblico ministero Gilberto Ganassi aveva così ottenuto il rinvio a giudizio per adescamento e violenza sessuale.

Il processo

Il secondo processo sarebbe dovuto essere celebrato davanti al collegio presieduto dal giudice Giovanni Massidda che, però, è risultato incompatibile per aver svolto funzione di giudice per le indagini preliminari durante l'inchiesta. Per questa ragione era arrivato a presiedere il dibattimento il collega Simone Nespoli, affiancato dai giudici Andrea Mereu e Giuseppe Carta. I fatti risalgono al 2 settembre 2008, quando l’imputato – secondo la ricostruzione della Procura – utilizzando il profilo “messenger” di sua figlia, avrebbe contattato una bambina all’epoca dei fatti di 8 anni. Dopo aver oscurato la propria webcam, avrebbe iniziato a chattare con la piccola fingendo di essere una sua coetanea. Da qui le richieste di spogliarsi e di compiere atti sessuali. Alla fine i giudici hanno deciso di condannarlo anche per violenza sessuale a distanza, infliggendogli sei anni di reclusione in continuazione con la precedente condanna. Di fatto due anni in più di carcere. Quando saranno depositate le motivazioni della sentenza, il difensore presenterà ricorso in appello.

Francesco Pinna

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