Pochi bimbi, molti anziani: la Sardegna invecchia (e continua a spopolarsi)
L’Isola – che nel 2024 ha perso oltre 8mila residenti – ha l’età media più alta d’Italia dopo la Liguria (49,2 anni) e si conferma la regione con la fecondità più bassa del PaesePer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
La Sardegna continua a spopolarsi e a invecchiare, restando anche il fanalino di coda per il numero di nuovi nati. Lo conferma ancora una volta l’Istat, nel suo ultimo “Censimento e dinamica della popolazione”.
RESIDENTI IN CALO – Il report evidenzia innanzitutto la perdita di popolazione: tra 2023 e 2024 l’Isola è passata da 1.570.453 a 1.562.381 residenti, con una variazione di -8.072 abitanti. Gli stranieri residenti sono invece aumentati di 2.050 unità.
ISOLA ANZIANA – Il Censimento conferma anche l’invecchiamento progressivo (per la verità comune a tutta Italia): con un’età media di 49,2 anni la Sardegna è la regione più anziana d’Italia dopo la Liguria (49,6 anni). La media nazionale è invece di 46,9 anni.
POCHI NATI – Ancora, si conferma anche il trend negativo delle nascite: la Sardegna rimane infatti la regione con il valore più basso, con 0,91 figli per donna (in testa la provincia di Bolzano con 1,51), e un indice di vecchiaia (che misura il numero di persone di 65 anni e più ogni 100 giovani di 0-14 anni) del 283% (il più alto del Paese, dove la media è del 208%).
Non solo: la Sardegna – con Lazio e Basilicata - è anche la regione dove le donne partoriscono più tardi: in media a 33,2 anni, contro un dato nazionale di 32,6 anni.
L’ITALIA – Guardando al Paese nel suo complesso, al 31 dicembre 2024 la popolazione abitualmente dimorante in Italia conta 58.943.464 individui. Rispetto alla stessa data del 2023 si osserva un lieve decremento di 27.766 unità, pari a -0,5 per mille. «Il calo di popolazione su base nazionale riflette dinamiche territoriali non omogenee, che vedono decrementi relativi più intensi nel Sud (-2,5 per mille) e nelle Isole (-2,8 per mille) e una diminuzione più lieve al Centro (-1,0 per mille). Al contrario, nel Nord-ovest e nel Nord-est si osservano incrementi (rispettivamente +1,4 e +1,2 per mille).
UOMINI E DONNE – Le donne, «superando gli uomini di 1.200.030 unità, rappresentano il 51,0% della popolazione residente», sottolinea ancora l’Istat, che spiega: «Il rapporto di mascolinità è pari a 96 uomini ogni 100 donne. Per effetto della maggiore longevità delle donne, il peso della componente femminile cresce progressivamente al crescere dell’età. Fino alla classe 40-44 anni si registra una prevalenza maschile, dovuta sia al rapporto biologico alla nascita costantemente a favore degli uomini (105-106 maschi ogni 100 femmine), sia alla marcata connotazione maschile degli immigrati dall’estero nelle età giovanili-adulte. A partire dalla classe 45-49 anni prevalgono le donne con una quota sempre maggiore che cresce nelle età più avanzate, arrivando a rappresentare il 64,6% dei grandi anziani (85 anni e più) e l’82,4% degli ultracentenari».
