Doveva essere un modo per attirare i turisti, a suon di muggini arrosto e spaghetti con le arselle in riva allo stagno. A Santa Giusta però il sogno dell’ittiturismo svanisce definitivamente. I pescatori che da anni gestiscono la struttura di proprietà del Comune, alla periferia del paese, a ridosso della 131, hanno deciso di chiudere per sempre le porte. Il motivo? Tante spese e troppi vincoli. Così dicono i pescatori. E ora il Comune deciderà il da farsi per far decollare nuovamente quei 250 mq a poca distanza dal compendio, in via Giovanni XXIII. Destino amaro dunque per l’ittiturismo “Su Fassoi” inaugurato nel 2017 dopo la ristrutturazione dell'ex autogrill grazie ad un finanziamento regionale di circa 300 mila euro.

«Non poter più accogliere i clienti nel nostro ristorante ci dispiace - spiega Emanuele Cossu, presidente del Consorzio pesca che gestisce lo stagno di Santa Giusta e fino a poco tempo fa anche l’ittiturismo - Purtroppo però le spese sono diventate troppe. Non possiamo lavorare solo per pagare tasse, bollette e stipendi. Ci dedicheremo solo alla pesca».

Ma c’è anche un altro problema che ha portato i pescatori a decidere di abbassare la serranda del locale: «Forse molti non sanno che gli ittiturismi devono rispettare regole ben precise - va avanti ancora Cossu - Come ad esempio offrire solo prodotti locali e freschi. Ma non sempre è possibile trovare prodotti a buon prezzo. Quando nel nostro stagno non sono presenti spigole e orate siamo costretti ad acquistare il prodotto altrove, sempre in Sardegna però, e spesso i prezzi sono alle stelle. Non possiamo far pagare un pesce chissà quanto». 

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