In pensione il coordinatore sanitario del carcere di Massama - Oristano. Alfredo Asuni, classe 1950, il medico penitenziario più anziano dell'isola, lascia la Casa circondariale. È ormai di fatto in quiescenza.

"Nel formulare gli auguri per la pensione, guadagnata dopo non meno di 32 anni trascorsi tra il vecchio carcere di piazza Mannu e la nuova struttura di Massama, resta un vuoto che dovrà essere colmato al più presto - afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell'associazione "Socialismo Diritti Riforme" - sottolineando la necessità di una rivisitazione organizzativa della sanità penitenziaria, la cenerentola di un sistema tutt'altro che efficiente, per garantire a chi sconta una pena sempre adeguate misure di assistenza".

"Ma non c'è solo il problema di sostituire il coordinatore del presidio sanitario - evidenzia Caligaris - ma anche quello di trovare un medico che conosca le dinamiche interne ad una struttura detentiva in cui i soggetti, quando si rivolgono al sanitario, sono innanzitutto pazienti".

Secondo l'esponente dell'associazione, soprattutto a Oristano la realtà del mondo penitenziario è notevolmente cambiata. Attualmente infatti la quasi totalità (cinque sezioni su sei) di detenuti è costituita da cittadini privati della libertà, con lunghe condanne, in regime di alta sicurezza.

Condizione molto diversa da quella del vecchio Istituto di piazza Manno. "La prima difficoltà sanitaria è rappresentata dall'invecchiamento della popolazione detenuta - osserva Madia Grazia Caligaris - e dalla necessità di effettuare continue visite di controllo o di ricorrere alle strutture esterne per ricoveri o analisi non effettuabili nell'Infermeria. Le problematiche sono ancora più complesse per i ristretti con disturbi psichiatrici e/o tossicodipendenze. A sei anni dal passaggio della sanità penitenziaria dal ministero della Giustizia alle Assl e ora all'ATS (dall'1 gennaio 2017), e alle otto aree socio-sanitarie, le condizioni dell'assistenza in carcere hanno necessità di una seria riorganizzazione. La sanità penitenziaria ha bisogno di personale dedicato in modo esclusivo da affiancare a chi vi lavora da tempo e può offrire la propria esperienza. E' un impegno particolare - conclude la presidente di Sdr - che non può accettare singoli rattoppi. Un lavoro in cui si fondono fiducia, scienza e conoscenza profonda dell'interlocutore, non sempre soltanto un cattivo paziente".
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