Preoccupa gli operatori il permanere della chiusura di una parte della foce del Temo, sequestrata dalla magistratura.

Ormai da oltre due anni, la Procura della Repubblica di Oristano ha disposto il sequestro del tratto in cui esisteva la scogliera di Capu d’Aspu, rimossa durante i lavori di costruzione del grande molo frangiflutti, costato oltre 35 milioni di euro.

È un atto conseguente alle indagini sui lavori che vennero collaudati come regolari, dichiarando una profondità di quattro metri, mentre la Guardia Costiera ha accertato che in quel tratto le batimetriche dichiarate non sono mai state raggiunte.

Un’indagine che ha determinato il rinvio a giudizio di tecnici ed amministratori, con varie accuse.

Il permanere del sequestro del tratto fluviale in cui esisteva Capu D’Aspu impedisce in concreto l’accesso al fiume alle imbarcazioni di dimensione superiore ai venti metri e in particolare alle barche a vela dotate di deriva.

Questo comporta che l’accesso fluviale a Bosa venga considerato dalla rivista Il Portolano, il testo guida della nautica da diporto, come pericoloso e non consigliato ai natanti di una certa dimensione: con la conseguente penalizzazione delle attività nautiche situate nell’area.

Daniel Pinna, della Nautica Pinna, da decenni attiva nella foce del fiume, commenta: "Il permanere di questa situazione penalizza l’intero settore, limita la nostra capacità di proposta al mercato, impedisce lo sviluppo di un’attività che potrebbe far crescere i posti di lavoro oggi disponibili".
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