Non capita davvero tutti i giorni che un arcivescovo si scusi e chieda pubblicamente perdono. L’ ha fatto monsignor Roberto Carboni, guida spirituale della diocesi di Oristano, durante le tre distinte celebrazioni eucaristiche, nelle  quali ha amministrato, nel fine settimana,  il sacramento della cresima a  90 ragazzi della comunità cristiana di  Abbasanta, Ghilarza e Norbello.

Identiche affermazioni ripetute sabato pomeriggio  nella Parrocchia di Santa Giulitta a Norbello e Santa Caterina ad Abbasanta, mentre stamattina è stata la volta della Chiesa Beata Vergine dell’Immacolata a Ghilarza

Parole pesanti pronunciate  nel momento dell’atto penitenziale: «Ognuno di noi vuole aprirsi alla misericordia di Dio , riconoscendo i propri peccati»,  ha detto l’arcivescovo,  «sento importante, in questo contesto e con sincerità  davanti a voi, la necessità di chiedere perdono al Signore e a padre Paolo»,  ha sottolineato, «per non essergli stato vicino in maniera decisa e più attenta  in queste settimane, nel difficile  momento in cui ha denunciato gli abusi ricevuti. Lui è la vittima e merita tutta la  mia e nostra attenzione,  vicinanza, sostegno  e solidarietà. Questo perché   anche nella nostra chiesa diocesana si  possa consolidare la cultura dell’ascolto e di rispetto per chi viene colpito dagli abusi». 

C’era una certa curiosità per sapere se e che cosa avrebbe detto  l’arcivescovo, alla sua prima visita nel Guilcier dopo la denuncia del parroco, che aveva destato molto scalpore nella chiesa arborense e non solo. 

Ci si aspettava da parte sua un commento importante, ma quanto ha detto sono state parole chiare e nette. E mentre a Norbello ed Abbasanta, Padre Paolo, non aveva voluto commentare le parole dell’arcivescovo, stamattina   al termine dell’ultima celebrazione a Ghilarza, è intervenuto   per  ringraziare  monsignor Carboni per la richiesta di perdono che ha  pronunciato.

«Accolgo con benevolenza, amicizia e fraternità le sue parole», ha detto, «che pur in una giornata di festa non sono fuori luogo. Lei conosce bene i fatti   e sa che sono certi e gravissimi. Non è la mia parola contro un altro  e neppure si tratta di carezze scambiate per violenza. Non ho denunciato per me, ma l’ho fatto perché fatti del genere  non accadano  più nella chiesa, perché  la vita dei più piccoli  è sacra a Dio. Se mai dovesse accadere io denuncerò quanto accade.  La ringrazio», ha concluso Padre Paolo, «perché ad alta voce ha deciso di dire da che parte sta».   

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