A fianco di CGIL e UIL che hanno indetto uno sciopero per contestare la legge di bilancio, gli studenti delle scuole superiori di Olbia sono scesi in piazza (anche) per celebrare la Giornata internazionale degli studenti, ricorrenza per rivendicare il diritto allo studio e la libertà di esprimersi, istituita, ricordano, in memoria dell'eccidio nazista di studenti e professori cecoslovacchi, giustiziati senza processo, per aver partecipato a una manifestazione antirazzista, nel 1939. Circa duecento, megafono alla mano e in alto i cartelloni contro i tagli all'istruzione, per dire no alla Dad e per pretendere spazi scolastici adeguati, gli studenti olbiesi fanno «la lista dei diritti (costituzionali) da difendere e vogliono far sentire la nostra voce al fine di rivendicare il nostro ruolo nella società». Bannano l'indifferenza di fronte alle ingiustizie e, in coro, dicono «non possiamo stare a guardare».

Urla Matteo Stefanopoli, studente del liceo classico Antonio Gramsci: «Non possiamo stare a guardare quando vediamo che sei scuole su dieci in Italia non sono a norma, quando viviamo in una Regione con il più alto tasso di abbandono scolastico, quando il nostro Stato preferisce investire sulla guerra piuttosto che sull'istruzione». Chiedono un'istruzione di qualità, accessibile inclusiva e democratica e si oppongono all'autonomia differenziata, alla riforma Valditara, al dimensionamento scolastico. In piazza Elena di Gallura, di fronte al municipio, le (note) criticità degli istituti olbiesi. «Pretendiamo nuovi spazi: attualmente gli 850 alunni frequentano una scuola carente di aule per ospitarli tutti, costretti a occupare spazi comuni e laboratori destinati a corsi specifici nei quali non si possono svolgere lezioni pratiche», dice il rappresentante dell'Istituto tecnico Attilio Deffenu, William Spano, aggiungendo che, ogni anno, alcune classi sono costrette a traslocare nella scuola elementare Maria Rocca con tanti disagi dovuti alla distanza dall'edificio principale, compreso lo spostamento dei docenti e il difficile accesso ai mezzi pubblici.

«Ventitré classi in diciotto aule, con la conseguenza di classi miste», dichiara Daniele Mela, studente del liceo artistico De Andrè, che chiede una sede adeguata ad accogliere gli oltre quattrocento studenti. Solidarizza con i compagni anche l'Istituto Dionigi Panedda, nonostante il plesso non presenti problemi di spazi: «Piuttosto, al Panedda regna l'intimidazione: siamo stati minacciati dalla preside, con un sei in condotta, se avessimo preso parte alla manifestazione», chiude Myriam El Harrari, rivendicando, in piazza, il diritto allo sciopero.

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