No all’elogio funebre dei nipotini al funerale del nonno per evitare “americanate”. 

Così si è sentita rispondere una donna, Teodolinda Puddu, figlia del defunto, dai due parroci della chiesa di Ulassai.

«Sono Linda, zia di Rebecca. Rispettivamente figlia e nipote di nonno Antonio, morto il 29 agosto all’età di 95 anni – racconta a L’Unione Sarda -. Chiediamo, io e miei fratelli, ai due officianti di credo cattolico, parroci del mio paese, don Roberto e Alfredo suo collaboratore, giovanissimo prete colombiano, di dare opportunità, a Rebecca, di 10 anni, e a mio figlio, di 29, di leggere durante la funzione funebre quanto loro sentivano e volevano esprimere nei confronti del loro nonno».

La risposta dei due, in prima istanza, è «sibillina. Negativa. Motivazione addotta: meglio evitare americanate. Li invitiamo a ripensarci. Nessuna risposta. La chiesa chiude le sue porte».

Quella stessa chiesa, prosegue, «che, nel lontano 1981, si era sforzata di proporsi come luogo di incontro e di apertura. Dal suo campanile, allora, nastri azzurri si protendevano, ricongiungendosi ad altri, che dalle piccole e strette stradine del paese si dipartivano, unendosi in un unico atto corale, ricco di tensione. Lo spuntone di roccia, sovrastante il campanile della chiesa e il paese tutto, avrebbe, poi, accolto quella somma di fili azzurri, divenendone sigillo e testimonianza di valore e di comunità».

«Ci avevo creduto allora partecipando a quella manifestazione artistica, ci aveva creduto Maria Lai, creativa ed intelligente donna che è stata artefice di tutto quel frastuono. Un pacchetto di 20 milioni di euro Pnrr consentirà al mio paese di crescere e rafforzarsi in spazi urbani rimescolati, pronto ad aprirsi al mondo della creatività, del sociale e della responsabilità? Forte di quella esperienza culturale, artistica ed umana, mi faccio coraggio», conclude Puddu, che ha affisso al portone ligneo della stessa chiesa «la mia protesta e le mie perplessità».

(Unioneonline/D)

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