Lavora con la morte, fianco a fianco, un confronto quotidiano con il dolore, la sofferenza e il trauma, a contatto con corpi senza vita. Il necroforo non è un mestiere come gli altri. Federica Maddanu, classe 1988 di Baunei, una laurea in Scienze motorie e quattro figli, è nata e cresciuta nell’agenzia funebre di famiglia. «Li vedevo lavorare e per me era tutto normale. Terminati gli studi, mio padre mi chiese se volessi dare una mano. Il coraggio di intraprendere questo mestiere credo me l’abbia tirato fuori lui, ha sempre sostenuto che non esistono lavori da donna o da uomo. All’inizio non è stato facile sentirmi a mio agio, sentivo il peso del possibile giudizio degli altri. Ma oggi lo faccio con disinvoltura, svolgo tutte le mansioni, dal lavoro d’ufficio al lavaggio e vestizione del defunto, dal trasporto della cassa alla guida del carro funebre. Oggi dico grazie a mio padre», racconta.

Ha solo 23 anni quando in una notte del 2011 si ritrova dentro la camera mortuaria dell’ospedale di Lanusei. Affianca, osserva, aiuta: la preparazione della salma si svolge in totale naturalezza. Il necroforo è un mestiere quasi del tutto maschile, anche se la presenza femminile è in costante aumento negli ultimi tempi. Non in Ogliastra. Federica potrebbe essere l’unica donna a ricoprire il ruolo professionale in perfetta parità con i colleghi maschi. «Secondo me una figura femminile serve, abbiamo maggiore cura dei dettagli e sensibilità. Le persone le devi trattare con il cuore: il mio obiettivo è che i familiari abbiano un bel ricordo del defunto, sarà l’ultimo che avranno», spiega.

Il trucco

Ricorda la volta in cui mancavano pochi giorni al parto, gemellare, e doveva stare a riposo, ma la responsabilità del lavoro è stato un richiamo troppo forte: «Pensavo e ripensavo al fatto che la persona che era morta quel giorno avrebbe desiderato essere truccata. Di mia spontanea volontà ho preso il kit del make-up e sono corsa da lei, le ho messo anche lo smalto sulle unghie. È stato giusto così. Una volta ho anche applicato una crema per il viso profumata, come se mi stessi prendendo cura di una persona viva, volevo che fosse bella. Non so se faccio questo perché sono una donna. Ci tengo molto, e che i familiari lo riconoscano mi riempie di orgoglio».

Distacco

Il costante misurarsi con la sofferenza e la morte richiede l’abilità del saper prendere il giusto distacco dai sentimenti degli altri, un’abilità che può portare ad accumulare stress fisico e mentale. «Ho un carattere forte ma molto emotivo, mi è capitato in certi momenti di crollare, quando magari il defunto è molto giovane o è un padre di famiglia. Questo è un lavoro che caratterialmente, nel tempo, rinforza. Ma non siamo fatti di ferro», spiega Federica. Come è possibile, a fine giornata, liberarsi dal senso di angoscia, dal nero della morte, dagli sguardi ormai spenti, dalla fragilità della sofferenza? La risposta è tutta nella famiglia. Nel 2017, il marito Sandro ha lasciato il suo lavoro per unirsi a lei nell’agenzia funebre: «Lui mi aiuta molto a gestire l’emotività e mi sostiene, poi quando arrivo a casa c’è l’allegria dei bambini che spazza via quasi tutto. Li informo del mio lavoro, vedono le casse e sanno che lì dentro ci andranno le persone morte, ma per adesso non mi pongono troppe domande», conclude.

Fabiana Carta

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