Sono apparsi come funghi in tutti gli spazi affissivi del paese, con il viso sorridente di una giovane donna e un messaggio che ha innescato immediate polemiche: "Il corpo di mio figlio non è il mio corpo, sopprimerlo non è una mia scelta. #Stopaborto". Questo il testo dei manifesti promossi dall'associazione "Pro Vita & famiglia", che in una notte hanno fatto di Dorgali l'avamposto sardo della loro campagna antiabortista, già avviata nella penisola dal 20 gennaio.

Sdegno e presa di distanza da parte di molti cittadini di Dorgali, soprattutto giovani donne, come Marcella, studentessa di 22 anni che ha affidato ai social la sua rabbia: "Inutile dire quanto queste cose, da donna, mi facciano inorridire e quanta voglia abbia di strapparli e bruciarli".

Presa di distanza politica da parte degli amministratori del paese, che pur riconoscendo la legalità delle affissioni ne condannano il contenuto: "Le associazioni pro vita sarebbero molto più utili se si concentrassero sulla prevenzione delle gravidanze indesiderate e sul sostegno alle donne in difficoltà, anziché colpevolizzare chi esercita un proprio diritto", commenta il sindaco Maria Itria Fancello.

Sulla stessa linea la segretaria locale del Pd, Valentina Schirru: "Manifesti che contengono messaggi fuorvianti, che ancora una volta mettono al centro la donna, come oggetto e non come soggetto della vita e del mondo: un salto all’indietro antistorico e terribile".
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