"Ho pensato di fare la fine di Giulio Regeni".

Un sequestro di persona vero e proprio: dieci giorni senza legge e senza garanzie, ma con le pistole puntate addosso.

Mario Mele, 55 anni, nuorese, titolare di tanti locali di successo, prima in Sardegna e poi in Kenya, dove ha vissuto negli ultimi quattro anni, racconta quella che definisce, senza mezzi termini, la più brutta avventura della sua vita.

FUGA DALL'ITALIA - Sapeva di avere problemi con la giustizia italiana: incombeva su di lui un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, disposta dal giudice per un'inchiesta su un'evasione fiscale milionaria.

Era fuggito nello Stato africano dove aveva nel frattempo avviato locali molto frequentati.

Da quelle parti, mai un problema con nessuno. Fino a quel maledetto 29 marzo quando due poliziotti locali sono entrati all'ora dell'aperitivo nel suo Mario's bar di Nairobi.

COME UN SEQUESTRO - "Mi hanno buttato di peso nella loro auto e portato a casa mia. È stato l'inizio di un incubo", racconta l'imprenditore a Budoni, dove ha ritrovato la libertà, mitigata solo dall'obbligo quotidiano di firma nella caserma dei carabinieri.

"Esisteva un mandato di cattura internazionale che non poteva essere eseguito in Kenya. Io avevo già preso la decisione di tornare e lo avrei fatto di lì a poco. Non vedevo da quattro anni i miei figli e la mia anziana madre. Sarei tornato, ma con modalità diverse. Sono stato nelle loro mani per giorni, senza che nessuno sapesse di me nemmeno la minima notizia", spiega mentre sorseggia la sua inseparabile Red Bull.

DI CELLA IN CELLA - "Ho chiesto che venissero rispettati i miei diritti ma sono stato minacciato con le armi. Ho capito che era solo una questione di soldi. Tanti soldi, che mi hanno chiesto per evitare l'espatrio. A un mio rifiuto di pagare cifre che, tra l'altro, non possedevo, mi hanno di nuovo caricato in macchina e portato a Mombasa a centinaia di chilometri da Nairobi".

Qui nella centrale di polizia Mele racconta di essere stato rinchiuso in cella con altre venti persone.

"Per mia fortuna sono riuscito a tenermi buoni tre detenuti con piccoli regali, sigarette e soprattutto con la promessa di un premio in denaro a uno di loro, che il venerdì doveva abbandonare la cella".

In effetti il carcerato mantiene gli accordi.

"Avvisa della mia presenza a Mombasa la mia compagna e il mio avvocato, che ottengono dalla Corte di Malindi un provvedimento di scarcerazione".

Il lunedì l'incubo doveva finire.

"Accade invece che all'alba di domenica mi svegliano e dopo sei ore di auto siamo di nuovo a Nairobi, in una nuova cella. Qui mi tengono per altri cinque giorni interminabili", prosegue.

L'ULTIMO BRIVIDO - "Finalmente mi vengono di nuovo a prendere e mi portano all'aeroporto. Ma il primo tentativo di farmi salire con loro su un volo della Emirates fallisce. Perché non hanno i documenti in regola per il mio espatrio. Li vedo confabulare e questa volta sento davvero il terrore attraversarmi. Penso che a questo punto si disferanno di me. E nessuno, davvero nessuno ne saprà più nulla".

GRAZIE A GIOVANNA - Nel racconto di Mario Mele, la sua fortuna è l'incontro all'aeroporto con Giovanna, una ragazza di Trieste che lavora in banca a Nairobi e che il gestore conosceva bene.

"È stata lei a salvarmi la vita. Mi ha visto, aveva letto i giornali, la montatura di una mia cattura per droga. Mi ha chiesto che stesse accadendo. Le ho manifestato le mie paure, mi è rimasta accanto. Ai poliziotti ho detto che era un'ispettrice della Polizia italiana in vacanza. È servito per convincerli a fare altri tre biglietti con la Qatar e a imbarcarci tutti su un volo diretto a Roma con scalo a Doha".

All'arrivo, vedere la Polizia italiana è stata una liberazione: "La fine di un incubo".

Poi un mese in carcere a Civitavecchia (rispetto a Nairobi era l'Hilton) e a Badu' e Carros.

Infine, libero.

"Affronterò il processo assistito dai miei legali, gli avvocati Pietro Pittalis e Giovanni Azzena, con l'obiettivo di chiarire la mia posizione e, perché no, di riconoscere gli errori che ci sono stati. Certo non immaginavo un rientro così tormentato".

Luca Urgu

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