Da Nairobi a Roma, da Roma a Nuoro. Mario Mele, arrestato la settimana scorsa in Kenya, ieri sarebbe dovuto essere in aula, al processo che lo vede imputato di associazione a delinquere finalizzata all'evasione fiscale e bancarotta.

Il proprietario della discoteca Pata Pata di Budoni però ha rinunciato all'appuntamento ed è rimasto nel carcere di Civitavecchia, dove i militari della Guardia di finanza lo hanno condotto al suo arrivo in Italia.

L'udienza si è comunque tenuta, sebbene l'avvocato di Mele, Giovanni Azzena del Foro di Tempio, avesse chiesto un nuovo rinvio affinché il suo assistito conoscesse la mole di atti che lo riguardano.

Ieri in aula è stato chiamato a deporre dal pm Andrea Ghironi, uno dei marescialli delle Fiamme gialle che condusse l'inchiesta.

Alla conclusione del lungo confronto - in cui non è apparsa chiara la presunzione di illecito di natura fiscale per mancata produzione delle scritture e prove ai fini penali - il giudice Giorgio Cannas ha rinviato il processo al 19 maggio. Per l'accusa Mario Mele e gli altri imputati sarebbero stati protagonisti di una maxi evasione fiscale di 17 milioni di euro.

Secondo i finanzieri quasi tre milioni all'anno sono stati nascosti al fisco anche grazie a prestanome e a sei società che a turno si alternavano nella gestione delle discoteche. Imprese di comodo che non avrebbero pagato fornitori e dipendenti, ma che facevano risultare incassi irrisori e spese pazze. I milioni di euro incassati sotto traccia sarebbero stati rinvestiti in appartamenti e terreni.

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