Il caso Attilio Cubeddu, latitante dell'Anonima sequestri
Piccolo di statura ma di fibra granitica, determinato e feroce, definito «il più cattivo di tutti»Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
È l'ultima "primula rossa" del banditismo sardo, l'unico esponente di spicco ancora libero di quel cancro chiamato Anonima sequestri che per decenni ha terrorizzato la Sardegna e il resto d'Italia. Attilio Cubeddu è un reduce, insomma. Solitario sopravvissuto alla lunghissima guerra fra guardie e ladri di uomini che nel tempo ha visto questi ultimi soccombere inesorabilmente, uno dopo l'altro. Tutti, meno che lui.
INSIEME AI BOSS Inserito stabilmente nell'elenco dei cinque latitanti più pericolosi d'Italia stilato dal Ministero dell'Interno - dove oggi a fargli compagnia ci sono quattro super boss mafiosi fra cui il capo dei capi di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro - il suo nome è tornato alla ribalta in questi giorni dopo che l'amministrazione comunale di Arzana, paese dove è nato il 2 marzo di 72 anni fa, ha rinunciato all'assegnazione della casa dove ancora vivono i suoi familiari, nel frattempo definitivamente confiscata dallo Stato. Il sindaco del piccolo centro ogliastrino, Marco Melis, ha poi spiegato che la decisione non è legata al timore di ritorsioni. «È un'abitazione civile di nessun interesse per il Comune e che graverebbe troppo nel nostro bilancio», sono state le sue parole. Anche se poi ha aggiunto anche una motivazione etica: «Non è giusto che le colpe dei padri ricadano sui figli: in quella casa vivono la moglie disabile, la figlia e i nipoti minorenni. Se dovessimo sfrattarli saremmo costretti a spendere denaro per trovare un altro alloggio».
L'ULTIMO LATITANTE Piccolo di statura ma di fibra granitica, determinato e feroce, «il più cattivo di tutti» secondo l'imprenditore lombardo Giuseppe Soffiantini di cui per 237 giorni fu l'implacabile carceriere, Cubeddu si è guadagnato sul campo la patente di inafferrabile. Formalmente ricercato dal 29 gennaio 1997, quando ottenne un permesso di otto giorni per andare a trovare la moglie e le tre figlie ad Arzana e non fece più rientro nel carcere nuorese di Badu 'e Carros, da 22 anni si fa beffe dello Stato che sulle sue tracce ha sguinzagliato i migliori uomini di polizia, carabinieri, corpi speciali e persino i servizi segreti. Lo hanno cercato ovunque, in Sardegna, dove si pensa sia rimasto per gran parte della sua latitanza, ma anche in Calabria e in Germania, dove vivono due sorelle. Agenti sotto copertura sono andati in Corsica e in Spagna, spingendosi sino al Sud America per verificare anche la segnalazione più generica, ogni soffiata o semplice intuizione. Senza mai trovarlo.
LE TRACCE Dove è finito, dunque, Attilio Cubeddu? Da tempo circolano voci sulla sua morte, ma chi in tutti questi anni non ha mai smesso di cercarlo, cioè l'élite degli inquirenti non solo sardi, è convinto del contrario. Anzi, tanti fra loro sono sicuri che dopo aver partecipato al sequestro Soffiantini, per il quale è stato condannato in contumacia a 30 anni, in realtà non si sia mai allontanato se non per brevi periodi dal suo paese natale, sebbene l'unica cosa passata certamente per le sue mani e trovata ad Arzana è una lettera del 2001 indirizzata al marito della figlia, morto suicida sette anni dopo, in cui lo rimproverava di essere troppo manesco e gli "consigliava" di smetterla. Uno spiraglio per gli inquirenti sembrò invece aprirsi nel 2012, quando un presunto confidente svelò all'allora procuratore di Lanusei Domenico Fiordalisi che Cubeddu raggiungeva Arzana ogni lunedì per incontrare la moglie in cimitero, segnalando la sua presenza con un vaso rosso all'ingresso. Ma per l'ennesima volta anche quella soffiata si rivelò una clamorosa bufala.