Hanno deciso di non parlare durante l'interrogatorio del gip di Nuoro l'impiegato e l'agente penitenziario del carcere di Mamone fini ai domiciliari con l'accusa di aver organizzato un sistema predatorio di beni di proprietà della casa circondariale. In particolare tonnellate di legna e decine di chili di carne e di formaggio sottratti e rivenduti all'esterno.

Il giudice ha confermato la misura dei domiciliari per il 61enne di Onanì, mentre ha attenuato il provvedimento nei confronti del secondo, 54enne di Lodè, imponendogli solo l'obbligo di dimora.

Stessa prescrizione inoltre per la moglie del 61enne, indagata nel filone dell'inchiesta che riguarda la coltivazione di marijuana.

Nell'armadietto del 54enne, in carcere, sono stati scoperti tre timbri della Assl, serviti, secondo gli inquirenti, per certificare i prodotti trafugati e poi rivenduti. Per i due dipendenti infedeli, difesi dagli avvocati Ivano Lai e Angelo Merlini, sono scattate le accuse di peculato, truffa ai danni dello Stato, furto e ricettazione, nel caso del 61enne anche per le piantagioni di cannabis individuate e sequestrate nel corso delle indagini.

Gli altri quattro indagati per la coltivazione e lo spaccio di marijuana - un 31enne di Isili, un 45enne di Sindia, un 31enne di Elmas, e un 54enne di Onanì - verranno sentiti in altre sedi dai giudici competenti per territorio.

Le indagini coordinate dalla procuratrice di Nuoro Patrizia Castaldini e dal pm Ireno Satta, erano iniziate nel 2017 con la scoperta all'interno della casa circondariale di alcune dosi di marijuana e diversi telefoni cellulari, i cui tabulati hanno portato ai comportamenti infedeli dei dipendenti e al giro della coltivazione e spaccio di cannabis. Indagini culminate nel 2019 con i primi arresti e il sequestro di diverse piantagioni.

(Unioneonline/s.s.)
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