Gli avvocati di Gian Michele Giobbe, il 41enne a processo con l’accusa di aver ucciso lo zio Esperino il 17 ottobre del 2020 a Orotelli, nell’azienda in cui entrambi lavoravano, chiedono l’assoluzione per il loro assistito.

«Non reggono il movente né le prove a suo carico», hanno detto in aula a Nuoro Lorenzo Soro e Mario Pittalis.

«Non può costituire una prova la striscia di sangue trovata su una scarpa di Gian Michele - hanno sottolineato i legali - è stato lui che ha trovato il cadavere dello zio sulla scena del delitto dove c'erano delle pozze di sangue ed è lì che molto probabilmente la sua scarpa si è sporcata».

Secondo l’accusa, il movente è legato ai terreni e all'azienda intestati a Esperino ma in realtà in comune con altri sui fratelli, ma gli avvocati hanno replicato: «Gian Michele Giobbe non aveva nessun vantaggio dall'omicidio dello zio: non era erede di niente, l'unico proprietario era lo zio che aveva moglie e figlie come eredi. Il litigio sui terreni di famiglia - hanno chiarito i difensori - non era tra Gian Michele ed Esperino ma tra Esperino e i fratelli, di cui solo uno in vita. Che la situazione tra l'imputato e la vittima fosse tranquilla - hanno aggiunto - è stato evidenziato anche nel corso del processo: nessun teste ha asserito che Gian Michele avesse mai litigato con lo zio».

Il pm Andrea Ghironi aveva chiesto l'ergastolo per l'imputato.

Risulta indagato anche un altro nipote della vittima, testimone nel processo. Per lui il pm ha chiesto la trasmissione dagli atti in procura per falsa testimonianza. La moglie e le figlie di Esperino Giobbe si sono costituite parte civile con gli avvocati Giuseppe Mocci e Gianfranco Flore. Si torna in aula il 17 luglio per eventuali repliche e la sentenza.

(Unioneonline/s.s.)

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