Le carte dovevano restare rigorosamente riservate. Blindate nelle viscere profonde del confine roccioso tra gli Appennini liguri e le Alpi, nel cuore del Passo dei Giovi, la porta di Genova verso la Pianura Padana. Tutto rigorosamente vietato. Da pianificare c’è il più grande trasferimento di scorie d’amianto mai realizzato nel Bel Paese. Un’operazione talmente pericolosa che per mesi se n’è discusso solo nelle segrete stanze, quelle degli affari d’alto bordo, riservati alle grandi opere pubbliche italiane. In ballo c’è il più grande cantiere infrastrutturale della Penisola, quello per la costruzione del “terzo valico dei Giovi”, la ferrovia più veloce del nord Italia per collegare Genova e Tortona, o meglio la Liguria con la Pianura Padana.

Cosa c’entra la Sardegna?

I “sacri” testi europei l’annoverano tra i segmenti principali del Corridoio Reno-Alpi, una delle connessioni fondamentali della rete strategica transeuropea di trasporto, quella che collega le regioni europee più forti, tra il porto di Rotterdam, nel Mare del Nord, e il Nord Italia, Genova. Cosa c’entri la Sardegna con quest’operazione era non solo difficile saperlo, ma anche immaginarlo. Eppure, le eccelse menti delle grandi opere infrastrutturali italiane, pagate miliardi su miliardi, un ruolo, all’Isola dei Nuraghi, l’hanno assegnato: discarica di Stato. Mai come questa volta la definizione si attaglia ad un piano devastante, che se non fosse scritto nero su bianco nelle carte racchiuse negli uffici dell’Assessorato all’Ambiente della Regione, che “fu” autonoma della Sardegna, si potrebbe tranquillamente derubricare nel capitolo degli scherzi di cattivo gusto.

Sbancamento d’amianto

Invece, è tutto vero: le grandi imprese, quelle che stanno sbancando a colpi di esplosivo e talpe giganti le viscere “amiantifere” delle gallerie del terzo valico dei Giovi alle porte di Genova, vogliono spedire in Sardegna, nella discarica di Serra Scirieddus, tra Carbonia e Gonnesa, una montagna vera e propria di materiale di scavo quello che loro stessi definiscono un «rifiuto speciale pericoloso», con tenori di amianto superiori ad un grammo per ogni chilogrammo.

Lettere per pochi

Dalle comunicazioni in nostro possesso, tutte allegate nel dossier riservato, hanno l’amianto alla gola, e non sanno più dove metterlo. Il carteggio sembra un’orchestrazione pianificata, con uno spartito che in alcune parti risulta persino sovrapposto, come se le società del terzo valico dei Giovi si fossero messe d’accordo preventivamente per convergere sulla Sardegna. Basta leggere le comunicazioni con le quali le imprese titolari dei cantieri del lotto di “Cravasco” si rivolgono alla Riverso S.p.A., la società della famiglia napoletana dei Colucci che gestisce l’enclave dei veleni nel Sulcis, la discarica di Serra Scirieddus. La perorazione è quasi una supplica: dovete “accogliere” in Sardegna, nella vostra discarica, i nostri rifiuti d’amianto.

Al nord le opere

Dunque, per farla breve: nel nord Italia si realizzano le grandi opere infrastrutturali, quella del terzo valico supera i sei miliardi di euro, sì, proprio (6) miliardi, ma siccome non si vogliono tenere le scorie di amianto che producono hanno pensato bene di spedirle nell’unica regione d’Italia che non avrà mai un beneficio da quelle opere, guarda caso, proprio la Sardegna. Deve esserci un bel giro di denaro in queste opere pubbliche del Nord Italia se i capitolati d’appalto possono prevedere di svuotare le montagne degli appennini liguri, piene d’amianto, e trasferire quei rifiuti dall’altra parte del mare, nell’Isola del sole e del vento.

Dove se non in Sardegna

Non ci devono aver pensato un solo attimo: dove metterle quelle scorie d’amianto se non in Sardegna? Detto fatto: le lettere spedite da Genova da qualche mese giacciono nelle casseforti della Riverso S.p.A., la società alle prese con i verbali pesantissimi del Noe, il Nucleo operativo ecologico dei carabinieri, che hanno persino rilevato come nella discarica di Carbonia si alterasse la misurazione dei percolati del sottofondo della collina dei veleni. Nelle ultime ore, però, tutto quel carteggio è divenuto oggetto di una “procedura autorizzativa”, quella avviata proprio dalla società napoletana per ottenere il via libera dalla Regione sarda al trasferimento di quelle scorie d’amianto nell’Isola.

Il blitz dello scempio

Sono le 19 e 23 minuti del 4 aprile scorso quando il server dell’assessorato regionale dell’ambiente pubblica nei meandri informatici le carte dello “scempio” preannunciato. L’oggetto della pubblicazione “ufficiale” è burocratese: Richiesta di utilizzo delle volumetrie in progetto autorizzato e fornitura di elementi valutativi sull’abbancamento extraregionale. La traduzione è semplice: vi chiediamo di utilizzare i volumi autorizzati della discarica di Serra Scrieddus per scaricare l’amianto proveniente da aree “extraregionali”, ovvero proprio quelli del Terzo Valico dei Giovi. Per scoprire che l’operazione riguarda quell’opera miliardaria bisogna scartabellare decine e decine di file, sino ad arrivare al cuore del business dell’amianto.

“Benemerite” dei rifiuti

A scrivere, alla Riverso, che poi le allega al fascicolo della procedura, sono due società: la prima è “Il Recupero per l’ecologia”, una srl di Bareggio in provincia di Milano, la seconda è la “Htr Bonifiche” di Roma. Nell’incipit delle due comunicazioni le società sono esplicite: siamo titolari degli appalti della realizzazione delle tratte ferroviarie del nord Italia, nella fattispecie la Htr Bonifiche, del Progetto Unico Terzo Valico dei Giovi – Nodo di Genova.

Amianto per i sardi

Scrive la Htr Bonifiche: «Detti cantieri producono rilevanti quantitativi di ballast ferroviario e rocce di scavo contenenti amianto di origine naturale. Tali quantitativi già prodotti nel passato, erano stati gestiti fino al 2019 smaltendo una significativa quota parte presso la discarica italiana di Barricalla (TO) ed il rimanente verso le grandi discariche in Germania. Oggi i conferimenti presso detta discarica di Barricalla si sono azzerati perché la discarica è sostanzialmente dedicata ai conferimenti dei soli soci conferitori e delle bonifiche da questi eseguite, chiudendosi rispetto ai conferimenti dei terzi. Pertanto oggi in assenza di alternative italiane con spazi significativi, la scrivente smaltisce il 100% dei suddetti rifiuti amiantiferi in Germania». Come dire la discarica del nord, quella di Torino, riserva i propri spazi agli operatori del nord Italia, spedire questi rifiuti in Germania costa troppo e non si rispetta il principio di “prossimità”. La soluzione, dunque, è la Sardegna.

Il “dovere” di accettare

E per formulare la richiesta usano la più scivolosa delle argomentazioni: voi sardi, in questo caso la Regione, dovete accettare quei rifiuti per rispettare la legge che indica la “prossimità” della discarica rispetto al luogo in cui si svolge l’opera pubblica. In pratica, per questi signori, affermare che in Italia non ci siano discariche autorizzate per accogliere “amianto” costituisce un automatico obbligo per la Regione sarda di autorizzare questo “viaggio” di veleni dal nord Italia verso la Sardegna. Lo scrivono come se ne niente fosse: «la scrivente (la Htr Bonifiche) intende qui rappresentare che per i rifiuti in argomento (rocce amiantifere 170503* e ballast amiantifero 170507*) provenienti dall’opera pubblica in oggetto, a fronte della sostanziale chiusura a terzi della discarica di rifiuti pericolosi di Barricalla (To), né nelle due regioni su cui ricade l’opera (Liguria e Piemonte), né in quelle frontaliere e neanche sull’intero territorio nazionale continentale, vi è la presenza di alcuna discarica che possa ritirare i rifiuti in oggetto con capacità sufficiente con le esigenze produttive dell’opera pubblica in oggetto.

Germania & Riverso

Per le società che si rivolgono alla Riverso il gioco è semplice: «Alla luce di quanto sopra il ricorso unicamente agli smaltimenti in Germania al posto della discarica Riverso, costituirebbe una violazione proprio del principio di prossimità invocato e per questo si ipotizza che, laddove la Provincia venisse informata di quanto qui riportato, proprio in forza dello stesso principio di prossimità, la Provincia potrebbe acconsentire allo smaltimento in Riverso limitatamente ai soli cantieri della specifica opera pubblica in oggetto ed ai soli rifiuti in oggetto». Quindi non solo lo sfregio di considerare la Sardegna come la discarica dei rifiuti “cancerogeni” delle opere del nord Italia, ma anche l’ambizione di averla come discarica esclusiva per il terzo valico dei Giovi.

Non li vuole più nessuno

È la società “Il Recupero per l’ecologia” che arriva a scrivere che quei rifiuti non li vuole più nessuno in Europa: «Inoltre alcuni destini esteri (p.e. Norvegia, Portogallo, Germania e Spagna) hanno ultimamente rallentato o pressoché azzerato il rilascio di notifiche transfrontaliere verso le proprie discariche, dando priorità ai conferimenti nazionali». Insomma, questi veleni non li vuole nessuno, tutti vogliono salvaguardarsi, dal Piemonte alle principali nazioni europee, i propri spazi di smaltimento, senza cedere niente ad altri. Dunque, secondo questa ben orchestrata regia dell’amianto, non resta che la Sardegna, discarica d’Europa, visto che nessuno vuole l’amianto del corridoio europeo Alpi-Reno.

Il regalo della deroga

La soluzione che propongono la Riverso e le società sponsor dell’operazione è messa nero su bianco: «una deroga specifica al limite imposto sui rifiuti extraregionali tramite gli atti della Regione Autonoma Sardegna e della Provincia del Sud Sardegna, mediante evidenziazione alle autorità che una deroga ai limiti imposti in autorizzazione sui rifiuti extraregionali rientrerebbe a pieno titolo nel principio di prossimità in forza del quale tali limiti sono stati imposti, nonché anche del rilevante interesse pubblico».

Interesse molto privato

Ci vuole solo il coraggio di questi signori ad invocare l’interesse pubblico. Loro guadagnano a piene mani da questi smaltimenti di veleni, sia chi spedisce, sia chi riceve, la Riverso in questo caso, mentre la Sardegna non solo verrebbe trasformata in una discarica d’amianto, ma resterebbe senza spazi per le proprie esigenze. Infine, Riverso e company invocano il principio della prossimità, ovvero la vicinanza del cantiere del Terzo Valico dei Giovi alla discarica più prossima. Se la geometria non è un’opinione stiamo parlando di 1000 km tra strade e mare. Gli affari e i rifiuti rendono la Sardegna a portata di mano. Il risultato è sintetizzabile: al nord l’alta velocità ferroviaria e non solo, nell’Isola rifiuti e amianto. Ultimo dettaglio entro il 30 aprile ci si può opporre. Basta scriverlo alla Regione: niente amianto in Sardegna.

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