«Giovannino continua a insistere sul fatto che Davide stava annegando e che lui ha provato a tenerlo per il giubbotto salvagente, ma si è sfilato e quindi è annegato sotto i suoi occhi. Eppure mio fratello non è morto annegato. Ci sono segni di violenza nel suo corpo e mio cugino è testimone di quanto accaduto».

Per Nadia Calvia ci sarebbero troppe incongruenze nelle dichiarazioni del pescatore subacqueo 35enne, indagato per naufragio colposo, avvenuto il 12 aprile nel Golfo dell’Asinara. Ad avere la peggio è stato il 38enne Davide Calvia, rinvenuto dieci dopo nel mare vicino il villaggio di Rasciada, sulla costa di Castelsardo. Troppe cose da chiarire. «Ma Davide potrebbe essere stato picchiato e buttato in acqua stordito. L’avvocato di Giovannino dice che è in fase di ripresa. Ma dopo tanti giorni deve parlare. Perché accollarsi le colpe di un altro. Forse perché ha paura?».

Questi gli interrogativi che tormentano Nadia Calvia. Chiede giustizia insieme alla mamma Donatella e al padre Ignazio. Attendono risposte su una vicenda complessa, «una brutta storia che abbiamo il diritto di conoscere, perché c’è una persona morta in circostanze tutte da chiarire».

Ieri, venerdì 28 aprile, l'ultimo saluto a Davide Calvia nella basilica del Sacro Cuore a Sassari. Sul caso la Procura ha aperto un’indagine coordinata dal pubblico ministero Lara Senatore. 

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