«Sono tornato a quel che faceva mio padre e, prima ancora, mio nonno».

Fabrizio Pittau, 50 anni, di Sanluri, è uno degli agricoltori che in Sardegna stanno facendo la rivoluzione del grano duro.

Il soldato di un esercito che, dopo l’anno nero del 2009 - quando nell’Isola erano solo 25 mila gli ettari di spighe coltivate e si rischiò seriamente la cancellazione del comparto - sta riportando in vita la tradizione, le colture di frumento come il Senatore Cappelli e di varietà sarde ben più antiche, quali il trigu arrubiu, il moro, il biancu, il cossu ch’erano state spazzate via dai chicchi a buon mercato delle multinazionali.

Coltiva 45 ettari di terra e fa parte di una rete di ottanta soci: agricoltori, mulini, panifici e pizzerie che con la Selet - l’unica azienda sementiera titolare dell’esclusiva di vendita sui semi del frumento Senatore Cappelli - ha formato il Consorzio sardo Grano Cappelli.

Il sodalizio, nato nel 2014, lavora il raccolto di 1500 ettari (il 70 per cento biologico) tra Campidano, Trexenta, Marmilla, Nurra.

Oggi su L’unione Sarda il servizio completo con le interviste.
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