Ci saranno i volti di ieri e quelli di oggi. L’argento brillante delle chiome composte delle donne di Orgosolo, i visi ribelli delle giovani di Saccargia. Prese per mano, non solo idealmente. Firmano le prime, si dimenano le seconde. Tutte animate da quella coscienza che sembrava sopita, riesplosa con file interminabili di cittadini senza dogmi disposti a firmare, in pieno agosto, la legge Pratobello, quella del Popolo Sardo. Non solo articoli e norme, ma una presa di coscienza collettiva sul più importante valore di questa terra, il suo Paesaggio. Quello identitario, fatto di montagne aspre e colline sinuose, di fortezze nuragiche e storia millenaria.

1969-2024

Il legame con i fatti del 1969 è una saldatura che si rafforza giorno dopo giorno nell’estate del 2024, nell’era dell’assalto speculativo energetico all’Isola di Sardegna. Negli anni di quella che fu una Rinascita mancata, nelle terre di Pratobello, si incontrano faccia a faccia le milizie di Stato e le genti di Orgosolo. Le prime vogliono occupare quei territori nel nome di nuove servitù militari, le seconde non ne vogliono nemmeno sentire di cedere i loro pascoli alle armi di Roma. Si sfidano per giorni, guardandosi negli occhi. Qualcuno viene anche caricato sulle camionette grigio-verdi, ma la pazienza è granitica. Non si muovono, le donne, i giovani, i bambini. Tenacia e resistenza fanno il resto. Nei Palazzi della Capitale qualcuno suggerisce: meglio ritirarsi, meglio lasciar perdere. Così sarà.

Coscienza

Cinquantacinque anni dopo cambiano le gesta, si rafforzano i significati e gli obiettivi, ma lo spirito è ancora una volta quello di Pratobello: lotta di popolo, pacifica, per il governo del territorio senza imposizioni di Stato. La prima tappa di questa lunga marcia è Saccargia. L’orizzonte è quello della grande Basilica, tra Codrongianus e Ploaghe, quella che un gruppo di petrolieri riconvertiti al vento vorrebbe sfregiare con mastodontiche pale eoliche da duecento metri d’altezza. Il raduno è una sorta di “free party”, una “woodstock” sarda, per la difesa della Sardegna. È il 15 giugno quando i pullman da ogni angolo dell’Isola convergono in quel proscenio per gridare il primo vero SOS collettivo, contro l'attacco speculativo alla Sardegna.

Esercito

È l’embrione di una coscienza civile che si accinge a dilagare a macchia d’olio ovunque nell’Isola, senza confini territoriali, infrangendo le barriere ideologiche. Chi è contro lo sfregio del Paesaggio si schiera: ci sono famiglie, gruppi spontanei e i comitati che cominciano ad innalzare ovunque la bandiera della difesa della Sardegna. Prima pochi, poi una reazione a catena che si moltiplica. I giorni cominciano a diventare afosi, ma nell’opinione pubblica sarda cresce la tensione e l'attenzione per il rischio di invasione che le lobby del vento e del sole vorrebbero infliggere su crinali e pianure, davanti a monumenti nuragici, sfregiando per sempre orizzonti e paesaggi. Negli ovili di Orgosolo i raduni si fanno incalzanti all’incedere di progetti che potrebbero rimettere in gioco quei luoghi salvati dalla “Rivolta di Pratobello”.

Visione

Si incontrano i comitati, si discute delle strade per arginare e fermare l’assalto eolico e fotovoltaico, dal rapporto con le istituzioni alla nascita di una moderna coscienza civile. Matura, ora dopo ora, la svolta: la legge di iniziativa popolare, quella che da subito tutti chiameranno “la Pratobello”. Un testo normativo che per la prima volta mette insieme la rinata coscienza dei sardi per la difesa assoluta della propria terra e dall’altra assume come baluardo per il governo del territorio il potere “costituzionale” dello Statuto sardo. Alla base del testo di legge c’è una rilettura moderna del concetto di urbanistica, materia di competenza primaria della Regione Autonoma della Sardegna: governare il territorio mettendo in stretta relazione sia l’edificato con il territorio circostante, rendendo sinergico il valore del paesaggio e dell’ambiente al vivere quotidiano in un insediamento urbano. Un legame che negli anni si era spezzato, separando le sorti delle città dall’ambiente circostante. La “Pratobello” tenta di ricucire lo strappo del “governo del territorio”, riannodando i valori ambientali e del vivere cittadino attraverso quella competenza primaria che i costituenti nel 1948 avevano assegnato alla Sardegna. Una legge senza preamboli, senza sotterfugi, diretta e immediatamente efficace, capace di incidere, attraverso la competenza primaria dell’urbanistica, su quei valori non negoziabili: paesaggio identitario, beni culturali, governo diretto del proprio territorio. Divieti urbanistici, fondati sulla norma “costituzionale” dello Statuto sardo che assegna alla Regione la potestà per governare il territorio, mettendo al riparo l’Isola dalle scorribande delle multinazionali e dei loro complici in terra sarda.

Modernità

La Pratobello, però, è anche modernità. Il cuore della visione energetica è l’idrogeno, la più avanzata delle soluzioni green al mondo: “materia” ad emissioni zero prodotta da quelle energie rinnovabili pianificate e gestite dalla parte pubblica, in superfici coperte e lineari, dalle strade alle piste ciclabili, da quelle ferroviarie ai parcheggi, dai capannoni agli edifici pubblici e privati. Produzione di energia elettrica attraverso centrali di ultima generazione a idrogeno, passando da inseguitori ad apripista della gestione energetica di una regione insulare come la Sardegna. In pratica la frontiera più ambiziosa: l’indipendenza energetica dell’Isola.

Firme libere

Ora è il tempo della conta delle firme “libere”. La soglia straordinaria delle centomila è superata da giorni. Nelle prossime ore il risultato potrebbe riservare una sorpresa senza precedenti. Una marcia pacifica di una comunità regionale che da nord a sud dell’Isola ha dismesso le casacche di partito, senza mediazioni, senza colori, per imbracciare il vessillo della moderna rivolta di Pratobello. Mercoledì mattina, alle dieci in via Roma a Cagliari, l’arrivo nella “teorica” casa del Popolo sardo. Da quel momento la classe politica sarda sarà davanti ad un bivio: vietare lo sfregio della Sardegna o lasciare alle lobby il campo libero delle “truffaldine” aree idonee. La scelta sarà tra gli ordini di partito e la propria coscienza. I sardi non staranno a guardare.

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