La Sardegna brucia. E la colpa è sempre della macchina anticendi che si muove in ritardo, non degli assassini impuniti che uccidono con il fuoco la loro Madre Terra.

La Sardegna brucia. E la responsabilità tanto è dei pastori che, al danno (il bestiame che muore, le recinzioni distrutte), vedranno aggiungersi la beffa: niente pascolo per quindici anni nei terreni dove è passato il fuoco.

La Sardegna brucia. E il cerino è sempre in mano a qualche operaio forestale in cerca di stabilizzazione. Di fatto è una sporca guerra, quella contro il fuoco, ancora senza prigionieri.

L'autocombustione non è "perseguibile" e, comunque, a sentire chi fa le indagini, incide poco sulle macchie nero-cenere che deturpano l'Isola.

Contro l'imbecillità - lancio di sigarette dal finestrino, fuochi accesi nei boschi, stoppie bruciate nei giorni di maestrale - si può e si deve fare molto di più. Ma è contro gli assassini che si deve agire.

Una vita umana nel nostro civilissimo Paese vale l'ergastolo, 30 anni o giù di lì. Quanto costa uccidere la Sardegna, giorno dopo giorno, estate dopo estate?

È "solo" un reato ambientale: da 4 a 10 anni di carcere, da 6 a 15 nei casi più gravi. Poco, troppo poco. Abbiamo parlato in altre occasioni di responsabilità politiche legate alla lotta al fuoco. E alla prevenzione. Manca un'efficace campagna di comunicazione.

Le scuole fanno poco e poco forse possono fare, se non aprire le porte a progetti lodevoli come quello dell'associazione "Più Sardegna" a Scano Montiferro.

Ed è un problema culturale anche scacciare i nostri fantasmi. Sono assassini che vivono accanto a noi e che non vediamo o non vogliamo vedere. Sono uomini che uccidono - consapevoli di farlo - la loro Madre e che, spesso, tornano sul luogo del delitto.

Smascheriamoli. E sensibilizziamo i nostri parlamentari affinché, in nome del Popolo italiano, abbiano tempo, tanto tempo per espiare le loro colpe.

E smettiamola di chiamarli incendiari. Sono assassini.
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